Il nome della rosa

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Omaggio del pittore italiano William Girometti al romanzo di Umberto Eco (1982, olio su tela, cm. 80×100 – proprietà della figlia) Fotografia autoprodotta, CC BY-SA 3.0, Collegamento

di Gabriele Sorrentino

Il nome della rosa
(Umberto Eco, 1980)

Insieme al Pendolo di Foucault (1988) Il Nome della Rosa (1980) è, forse, il più famoso romanzo di Umberto Eco. Il romanzo ha vinto Il Premio Strega (1981) e Prix Médicis (1982). Nel 1983 il romanzo entrò nell'”Editors’ Choice” del The New York Times, nel 1999 fu selezionato tra “I 100 libri del secolo” dal quotidiano francese Le Monde e nel 2009 fu inserito nella lista dei “1000 romanzi che ognuno dovrebbe leggere” dal quotidiano inglese “The Guardian”. Nel 2013, con 50 milioni di copie vendute, il romanzo era diciassettesimo, primo tra gli italiani, nella classifica stilata da Ranker.com Un successo planetario che ne fece, grazie anche al film del 1986 diretto da Jean Jacques Annaud con Sean Connery e un giovanissimo Christian Slater, un vero e proprio fenomeno di costume. Eco stesso si stupì del successo del libro e arrivò a commentare:

Io odio questo libro e spero che anche voi lo odiate. Di romanzi ne ho scritti sei, gli ultimi cinque sono naturalmente i migliori, ma per la legge di Gresham, quello che rimane più famoso è sempre il primo. [1]

A parte i dubbi del suo autore, la maggior parte della critica lo considera un capolavoro, nonostante alcune imprecisioni storiche. Nel romanzo, ambientato nel 1327, si menziona una ricetta per la “carne di pecora con salsa cruda di peperoni” quando i peperoni non erano stati ancora importati dall’America. A esigenze di semplificazione, invece, si può ascrivere la citazione della zucca – anche questa di origine americana – invece della cicerbita, menzionata in un erbario dell’epoca. Durante il settimo giorno-notte, Jorge dice a Guglielmo che Francesco d’Assisi “imitava con un pezzo di legno i movimenti di chi suona il violino“, strumento che non esisteva prima dell’inizio del XVI secolo. Tra gli scettici, spicca la voce di Régine Pernoud che lo definì “Mini-museo antireligioso posto dall’altra parte di una cortina di ferro sempre presente” (30 giorni, 1987).

Dal punto di vista narrativo, il romanzo ha la struttura di un vero e proprio thriller, ambientato nel 1327 e raccontato dal punto di vista di Adso, discepolo di Frate Guglielmo di Baskerville, impegnato a indagare su alcuni omicidi in un’Abbazia benedettina dove è in corso un delicato convegno che vedrà protagonisti i francescani — sostenitori delle tesi pauperistiche e alleati dell’imperatore Ludovico — e i delegati della curia papale, insediata a quei tempi ad Avignone. Guglielmo si dovrà scontrare col gretto e retrivo Bernardo Gui, inquisitore realmente esistito, e col fanatico padre Jorge. Come nota Vittorio Messori, quindi, “Leccellente riuscita de Il nome della rosa è proprio nella felicità narrativa, nella consumata astuzia del mestiere, che permette anche alla casalinga di arrivare alla fine appassionandosi alla trama, assorbendone gli umori maliziosi senza neppure accorgersene. In questo senso, perfetto strumento di massa” (Inchiesta sul Cristianesimo, Milano 2003, p. 33). È opinione di molti critici, tra cui Franco Cardinim che Umberto Eco fosse perfettamente conscio che dietro ai francescani, agli spirituali, agli eretici e pure dietro gli inquisitori c’era una moralità ben più sofferta di quella che lui sceglie di raccontare. Allo stesso modo sapeva che “certi mali che il sentire popolare etichetta come medievali (e che quindi fanno considerare tenebroso il Medioevo) sono in realtà Tre-Quattrocenteschi, figli proprio della dissoluzione della società organica e solidaristica propria del Medioevo (F. Cardini, Clericus in Labyrintho, in Saggi sul Nome della Rosa, Bompiani, Milano 1985).

Il romanzo è una consapevole sfida nei confronti del Lettore Medio Colto e per questo è ambientato nel Medioevo che, negli anni Ottanta, era il luogo ove, per la Cultura Media, albergavano tutti i mostri. È questo l’obiettivo che ha spinto l’autore a scegliere cosa tramandare e cosa dimenticare della sua ambientazione, cosa mantenere fedele e cosa stressare (R. Mordenti, Adso da Melk. Chi era costui?). Il nome della Rosa non è un testo semplice che, però, gioca con maestria con la curiosità morbosa nei confronti del Monastero, uno dei cardini di quella zona grigia della cultura di massa che è il Medioevo (A. Burgess, Sherlock Medievale, in Saggi sul Nome della Rosa, Bompiani, Milano 1985, pp. 185-189). Eco è quindi abilissimo a sfiorare le giuste corte dell’interesse di un lettore main stream, nascoste dietro la sua articolata e dettagliata ambientazione medievalista, non medievista. Il medioevo di Eco, infatti, è una rappresentazione dell’epoca, vista con gli occhi di un moderno. Guglielmo, infatti, è tutto tranne che un personaggio medievale, e quindi la raffigurazione del Trecento che il racconto di Adso fa al lettore, è fortemente deformata da questa scelta narrativa. Abbone da Fossanova, abate del monastero è modellato sul personaggio di Sugerio di Saint – Denis, consigliere di due re di Francia vissuto dal 1081 al 1151, ben due secoli prima dei fatti in cui è ambientato il romanzo e che quindi appaia come una figura anacronistica, che serve a Eco per rinforzare il senso di decadenza che si respira nel monastero (G. Zecchini, Il Medioevo di Umberto Eco, in Saggi sul Nome della Rosa 1985, pp. 322-370).  Ancora, Eco descrive Bernardo Gui come un uomo perfido, antagonista del progressista Guglielmo da Baskerville. Adso giudica attraverso gli occhi di Bernardo che è l’autore stesso, un uomo moderno e quindi il suo giudizio è impietoso.

Per concludere, possiamo dire che il Nome della Rosa è di certo un bel romanzo, con una storia avvincente e una prosa che riesce a coinvolgere pur mantenendo un registro alto e mai banale. Dal punto di vista della Public History, invece, il romanzo ci restituisce una visione distorta del Medioevo in alcuni suoi aspetti cardine – il monachesimo, l’inquisizione, le dispute teologiche – una visione ulteriormente stressata dal film con Sean Connery. A un lettore poco attento, quindi, il romanzo trasmette inevitabilmente una versione scorretta e stereotipata del medioevo.


Note:

[1] https://it.wikipedia.org/wiki/Il_nome_della_rosa#cite_note-genesi-6 [url consultata il 17/02/2019]