Il reportage della Rivoluzione d’Ottobre: “I dieci giorni che sconvolsero il mondo” di John Reed

#popreview, romanzo

Manifestazione a Pietrogrado allo scoppio della Rivoluzione di febbraio
Foto di sconosciuto – State museum of political history of Russia, Pubblico dominio, Collegamento

di Antonio Prampolini

“I dieci giorni che sconvolsero il mondo”
(John Reed, 1919)

«John Reed cammina per Pietrogrado e il tramonto arde sopra il Baltico,
instancabile, di barricata in barricata, va con il suo accredito John Reed»

(Leonid Charitonov, cantautore)

La recente ricorrenza del centenario della Rivoluzione d’Ottobre ha riproposto all’attenzione degli storici, tra le fonti documentali di quell’evento epocale, il reportage del giornalista e scrittore americano John Reed, “Ten Days That Shook the World” (1919),1 tradotto in italiano con il titolo “I dieci giorni che sconvolsero il mondo”,2 in cui l’autore racconta l’insurrezione dei bolscevichi guidati da Lenin contro il governo Kerenskij nell’ottobre del 1917 (secondo il calendario giuliano allora in vigore) a San Pietroburgo (Pietrogrado, come a quel tempo si chiamava la capitale della Russia). Nel 2017, l’editore Mondadori lo ha pubblicato nella collana Oscar Storia, privo purtroppo di una necessaria introduzione bio-bibliografica sull’autore e storica sull’evento, salvo qualche scarna informazione nella quarta di copertina.3

L’autore

John Reed nasce il 22 ottobre 1887 a Portland, nell’Oregon, da una famiglia di commercianti agiati di idee politiche progressiste4. Dopo essersi laureato presso l’Università di Harvard nel 1910, inizia a New York l’attività di giornalista, dove viene a contatto con gli ambienti del radicalismo politico e culturale della grande metropoli americana. Nei suoi primi articoli e racconti si distingue per uno stile caratterizzato dall’uso del linguaggio parlato, da una descrizione particolareggiata e colorita di ambienti, situazioni e personaggi. La sua formazione giornalistica e letteraria si basa più sull’esperienza, sul “muoversi dentro ai fatti” che su letture e studi teorici. Nel 1913 inizia a lavorare, come reporter, per la rivista socialista The Masses (Le masse), allora diretta dall’amico Max Eastman, che si prometteva di coniugare avanguardia artistica e impegno sociale. Nello stesso anno segue, come inviato della rivista, l’imponente sciopero degli operai della seta a Paterson (New Jersey); sull’evento Reed scrive un intenso reportage, War in Paterson, (Guerra a Paterson, giugno 1913).5 Alla fine del 1913 si reca in Messico per intervistare Pancho Villa. Sulla rivoluzione messicana pubblica nel 1914 il libro Insurgent Mexico (Il Messico insorge).6 Come corrispondente del “Metropolitan Magazine” di New York racconta la strage di Ludlow (Colorado), dove la polizia privata di John D. Rockfeller aveva mitragliato gli accampamenti dei minatori di carbone in sciopero, (The Colorado WarGuerra in Colorado, luglio, 1914).7 Allo scoppio del primo conflitto mondiale, nell’estate del 1914, John Reed parte per l’Europa come corrispondente di alcune testate americane per le quali scrive articoli dai fronti dell’Europa orientale.8 La guerra rappresenta un evento tragico che incide profondamente sulla sua “formazione per esperienza”. Reed scrive articoli pieni di disgusto per la macchina militare e per tutti coloro che traevano profitto dalla guerra. Nel settembre del 1917 è a San Pietroburgo (Pietrogrado) dove sarà testimone della rivoluzione bolscevica dell’ottobre dello stesso anno. Ritornato nell’aprile del 1918 in America, inizia un’intesa attività politica che lo porterà alla guida del Communist Labor Party. L’anno seguente pubblica il suo libro più famoso “Ten Days That Shook the World” Verso la fine del 1919, come delegato del Communist Labor Party al II Congresso dell’Internazionale Comunista, s’imbarca clandestino per la Russia dove si ammala di tifo. Il 17 ottobre del 1920, a soli trentatre anni, muore a Mosca dove Lenin gli riserva l’onore della sepoltura sotto le mura del Cremlino.

Il reportage

“I dieci giorni che sconvolsero il mondo” non è un romanzo storico ma un reportage scritto da chi è stato testimone e partecipe degli eventi; un genere narrativo dove l’autore utilizza sia gli strumenti e i modi della cronaca giornalistica, il cui scopo è l’informazione sui fatti, che quelli dell’intrattenimento letterario, finalizzato alla stesura di un racconto in grado di coinvolgere emotivamente i lettori.9 Si tratta di un genere che si distingue dal romanzo, marcando la differenza tra “scritture della realtà” e “scritture della finzione”. Un genere che si sviluppa con la diffusione dei giornali e che ha il suo periodo d’oro tra la fine dell’Ottocento e i primi decenni del Novecento, trovando nelle guerre e nelle rivoluzioni gli eventi straordinari da comunicare al grande pubblico.

Nella prefazione alla prima edizione americana, così John Reed presentava “I dieci giorni che sconvolsero il mondo” (Ten Days That Shook the World):

«Questo libro è un brano di storia, di storia come io l’ho vissuta. [E’] una cronaca degli avvenimenti di cui sono stato testimone, ai quali ho assistito personalmente o che conosco da fonte sicura».10

E la prefazione si concludeva con un’ammissione e un impegno:

«Durante la lotta le mie simpatie non erano neutrali. Ma tracciando la storia di quelle grandi giornate ho voluto considerare gli avvenimenti come un cronista coscienzioso che si sforza di fissare la verità».11

Un’ammissione (della sua adesione alla causa rivoluzionaria, a cui seguirà la militanza politica nel movimento comunista internazionale) e un impegno (per un’informazione rispettosa della realtà come dovere professionale di giornalista) che, oggi, vanno tenuti contemporaneamente presenti, se si vuole valutare correttamente il racconto della rivoluzione bolscevica di Reed. L’indubbia qualità letteraria e il grande valore documentario del reportage fanno sì che non lo si possa scartare accusandolo di scarsa obiettività e di finalità propagandistiche (anche se non sono poche le pagine in cui emerge un’evidente retorica rivoluzionaria), ma invece lo si debba considerare e utilizzare (certamente in modo critico) come una fonte importante nella ricostruzione-rappresentazione degli eventi dell’ottobre 1917 a San Pietroburgo. Harry Henderson III inJohn Reed’s Urban Comedy of Revolution” propone una interessante e condivisibile chiave di lettura deiDieci giorni”.12 L’intuizione di Henderson muove dal riconoscimento del reportage come “teatro urbano della rivoluzione”, dove Reed mette in scena, in una sorta di “commedia”, le condizioni di vita in quella che era allora la capitale della Russia (Pietrogrado, oggi San Pietroburgo), gli stati d’animo delle diverse classi sociali nelle convulse giornate dell’ottobre 1917, descrivendo i palazzi del potere, riportando i dialoghi della gente comune incontrata nelle strade e nelle piazze, le arringhe nei comizi e i discorsi nelle assemblee, intervistando personalità eminenti del governo, della borghesia e i capi della rivoluzione, pubblicando stralci di articoli dei principali giornali cittadini, proclami e appelli delle parti in lotta.13 In questa prospettiva, il reportage di John Reed rappresenta una fonte documentale insostituibile per comprendere gli eventi rivoluzionari dell’ottobre 1917, e che, a parere dello storico George F. Kennan, «si eleva al di sopra di ogni altro racconto contemporaneo per la sua forza letteraria, profondità di analisi e padronanza dei dettagli [e che, per questo, sarà] ricordato quando tutti gli altri verranno dimenticati».14

La lettura, oggi, dei Dieci giorni che sconvolsero il mondo ci porta a riconoscere la funzione importante (integrativa, non sostitutiva, delle fonti tradizionali) delle scritture testimoniali, dei reportage giornalistici, della narrativa in generale, sia nell’ambito della ricerca che in quello della didattica e della divulgazione della storia; e questo, non solo per il loro apporto documentale, ma anche (e soprattutto) per la loro capacità di vivacizzare e rendere più coinvolgente e partecipata una ricostruzione del passato che non voglia limitarsi ad una superficiale cronologia e ad un banale riassunto degli eventi (o rimanere prigioniera di un più complesso e impegnativo sforzo interpretativo alla ricerca delle loro cause e delle loro conseguenze), ma entrare nel “teatro della storia” raccontando le emozioni, i sentimenti, i pensieri e le azioni di coloro che, a vario titolo e in diversi ruoli, hanno vissuto, e talora contribuito a creare, quegli eventi.


Note:

1John Reed, Ten Days That Shook the World, Boni & Liveright, first edition, New York, 1919; in formato digitale: <https://en.wikisource.org/wiki/Ten_Days_That_Shook_the_World>.

2La prima edizione in lingua italiana è stata voluta da Elio Vittorini per inaugurare nel 1946 una nuova collana presso l’editore Einaudi, la «Biblioteca del Politecnico»: John Reed, Dieci giorni che sconvolsero il mondo, Einaudi, Torino, 1946; a questa hanno fatto seguito numerose altre edizioni da parte di diversi editori, inclusa una recente versione in formato digitale: <https://cambiailmondo.files.wordpress.com/2017/09/john_reed_dieci_giorni_che_sconvolsero_il_mondo.pdf>.

3John Reed, I dieci giorni che sconvolsero il mondo, Mondadori, Milano, 2017.

4Per una dettagliata ed esauriente biografia di John Reed: <https://spartacus-educational.com/Jreed.htm>; per una bibliografia di e su John Reed: <https://www.poetryfoundation.org/poets/john-reed>.

5John Reed, Guerra a Paterson, in M. Maffi (a.c.di), Reed America. Lotta di classe negli Stati Uniti, Nova Delphi, Roma, 2012, pp. 51-66.

6John Reed, Insurgent Mexico, D. Appleton and Company, first edition, New York, 1914; in formato digitale: <http://www.gutenberg.org/files/48108/48108-h/48108-h.html>; in italiano, Il Messico insorge, Einaudi, Torino, 1979.

7John Reed, Guerra in Colorado, in M. Maffi (a.c.di), Reed America. Lotta di classe negli Stati Uniti, Nova Delphi, Roma, 2012, pp. 77-149.

8John Reed, La guerra nell’Europa orientale, Edizioni Pantarei, Milano, 2004.

9Sull’argomento: A. Papuzzi, Letteratura e giornalismo, Laterza, Roma-Bari, 1998; C. Bertoni, Letteratura e giornalismo, Carocci Editore, Roma, 2015.

12 Harry Henderson III, John Reed’s Urban Comedy of Revolution, inThe Massachusetts Review”, 14, 2, 1973, pp. 421-435.

13 Cfr. F. Fastelli, Epica dell’ottobre. John Reed, la rivoluzione e il mito dei Dieci giorni che sconvolsero il mondo, Patron Editore, Bologna, 2018, p. 88 e seguenti.

14 G.F. Kennan, Russia Leaves the War: Soviet-American Relations, 1917–1920. Princeton University Press, Princeton (New Jersey), 1989, pp. 68–69.