Limoni – La storia che verrà

#popreview

di Eleonora Moronti

Limoni, un podcast sul G8 di Genova vent’anni dopo
(di Annalisa Camilli, 2021)

Vent’anni.
Un lasso di tempo più che dilatato per la cronaca, probabilmente troppo breve per la storia, giusto forse solo per il racconto della memoria e il dialogo con le sue complesse metamorfosi. E il senso della memoria è il vero protagonista di Limoni-Il G8 di Genova vent’anni dopo (16 giugno 2021- in corso) podcast a cura della giornalista Annalisa Camilli per Internazionale.

Nel trasporre il suo reportage in una serie di episodi audio, disponibili sulle varie piattaforme podcast, Camilli realizza un affresco dolente e al tempo stesso estremamente lucido, di ciò che è stato il G8 di Genova del 19-22 luglio 2001, quando il conflitto tra i massimi vertici della classe dirigente occidentale – incarnata dai leader delle 8 nazioni con le più potenti economie del mondo, riuniti nel summit di Genova – e il corpo multiforme, gigantesco, transazionale e globale (con tutti i paradossi semantici del caso) del movimento di protesta di massa no-global esplode, inghiottendo nelle viscere della città la vita del giovane manifestante Carlo Giuliani che resta ucciso il 20 luglio. Ma ne risulta anche fortemente compromessa l’energia politica di migliaia di appartenenti ad una generazione profondamente segnata dagli scontri e dalle drammatiche repressioni operate dalle forze dell’ordine, con le cariche di Via Tolemaide, Piazza Alimonda, Piazza Manin, negli assalti alla scuola Diaz e nei fatti della caserma Bolzaneto.

Camilli analizza, con un preciso e circostanziato lavoro di ricostruzione del contesto, il percorso che porta fin dentro i giorni di Genova: dalle radici sociologiche, filosofiche e politiche del movimento cosiddetto no-global che avversava i meccanismi del capitalismo neoliberista su scala globale, alla scelta di Genova come città ospite del vertice, con i suoi reticoli e le sue piazze diventati veri e propri buchi neri, spesso anche dal punto di vista del racconto odierno e del modo in cui vengono contrassegnati gli spazi fisici della memoria collettiva; dal ruolo del cosiddetto Blocco Nero (Black Bloc) dei manifestanti al filone giudiziario delle indagini aperte sulle responsabilità; dalla creazione degli archivi documentari all’elaborazione politica dei fatti. Nella cronistoria di Limoni ci sono l’organizzazione logistica, gli incartamenti processuali, le interviste, le conferenze stampa, le comunicazioni radio delle forze dell’ordine, le segnalazioni dei cittadini, le parole dei leader della protesta, di condannati, di testimoni. C’è, in altre parole, la fonte. In tutta la sua complessità.

E ci sono, soprattutto, i passi di Camilli che ritorna in una Genova semi-deserta per le restrizioni imposte dalla pandemia, per la prima volta dopo vent’anni, vincendo la ritrosia verso il giganteggiare di un anniversario scomodo, con cui è ancora molto arduo confrontarsi, compiendo una sorta di nostos, un ritorno alla radice di quello che si può definire il trauma collettivo di una generazione brutalizzata dalle violenze di Genova e dall’incrinarsi dell’orizzonte progettuale, ma anche l’origine primigenia di molti aspetti della nostra contemporaneità.

Eleggendo ad oggetto totemico il limone, utilizzato dai manifestanti per via di una presunta capacità di contrastare gli effetti dei gas lacrimogeni, ma anche simbolo delle asimmetrie, delle immaturità, delle ingenuità e degli errori, mostrati nella decifrazione politica del momento, Camilli guida se stessa e l’ascoltatore nel ricordo, mettendo al bando le reticenze, collocando e ricollocandosi dentro gli eventi, come manifestante ed erede di una storia, anche familiare, di appartenenza politica ad una sinistra che fronteggiava gli effetti della dissoluzione del mondo a blocchi, il crollo del grande Giano bifronte della Guerra Fredda e l’avanzare del contrasto generazionale tra padri e figli.

La scelta del podcast, con la sua dimensione riflessiva e di analisi del singolo e sul singolo, è un po’ in controtendenza rispetto alla diffusione di opere di carattere collettivo su Genova, che fungono probabilmente da strumento per riparare la rete forata dell’esperienza scioccante, ma è appropriata per l’operazione memoriale che Camilli compie. Nella puntata che racconta dell’uccisione di Carlo Giuliani Camilli cita lo storico francese Marc Bloch e la sua riflessione sul problema dell’attendibilità dei testimoni, questione che appare sempre dirimente nei rapporti tra storia e memoria. E le domande su storia e memoria, soprattutto a fronte dell’enormità di questioni che Genova si trascina dietro, continuavano ad affiorare nella mia mente durante l’ascolto del podcast che si avvia alla conclusione.

Vent’anni dopo Genova, una Genova di cui spesso le nuove generazioni non hanno che una vaga e talvolta censurata cognizione, quand’è che arriva il tempo della storia? E quale è il compito della storia di fronte ai fatti di Genova? Quand’è che arriva il momento di storicizzare e come viene interpretata l’azione e il senso della storia? Come una panacea, uno strumento redistributivo, ontologicamente giusto, dai poteri taumaturgici e infine di pacificazione, che assegna un ruolo ad ogni parte in causa, o come l’osservazione scientifica laboriosa che lavora su fonti quasi mai indolori benché “raffreddate” e che non ha la responsabilità di consolare ma di spiegare, di comprendere e non di giudicare?

Credo che il valore di Limoni stia nell’aver colto il senso, prima di tutto, della necessità della memoria, della discussione, del dibattito, che si richiede in questo momento e che precede quello in cui si concretizza e si concretizzerà l’azione dello storico. La necessità di raccogliere fonti, di produrre materiale e racconto, ancor prima che affidarli all’analisi storica. Limoni sembra dunque interrogarsi sulla necessità di costruire una piattaforma plurale di voci (includendo se stesso in questo meccanismo) senza accelerare il tempo della storia che non va forzato, ma provando a farsi domande su quelli che sono e saranno gli obiettivi, i vettori di conflitto e di ricomposizione dell’analisi storica, i quesiti di questa complessa vicenda che attende probabilmente ancora che le venga riservato un suo posto nel percorso della contemporaneità sociale e politica.

È difficile stabilire quale sia il termine, l’orizzonte cronologico, per iniziare a parlare di storia, per avere la giusta distanza. Vent’anni? Di più? Di meno? Si possono avere opinioni diverse in proposito. Forse ancora non è il tempo della storia per Genova. Ma resta evidente la necessità di confrontarsi prima di tutto con la memoria e le sue contraddizioni, le sue parzialità, le sue sovrapposizioni. Di affrontare la memoria di Genova. Di guardare dentro la memoria di Genova. Perché è necessario che venga il tempo della memoria – forse spesso rifuggita, celata, evitata – affinché venga, un giorno, il tempo della storia.