#popUSA2020: l’asino e l’elefante: breve storia del bipartitismo americano

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Copertina della rivista satirica “Puck” del 28 luglio 1909 realizzata dall’illustratore Louis M. Glackens. L’arrivo di una capra, rappresentante di un sedicente “Consumers’ Party”, interrompe il pasto che l’asino democratico e l’elefante repubblicano stanno consumando nella loro stalla comune. Visibilmente alterati per questa potenziale minaccia, i due animali chiedono all’intrusa: «Chi sei?».
Fonte: Library of Congress Prints and Photographs Division Washington, D.C.
https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Who_are_you%3F_-_L.M._Glackens._LCCN2011647490.jpg?uselang=it

di Giovanni Cerro

Oltre alle tinte cromatiche (blu e rosso), nelle infografiche elettorali di questo lungo “election day” si vedono spesso anche i simboli dei due partiti: un asino per i democratici (anche se non si tratta del loro simbolo ufficiale) e un elefante per i repubblicani. I due animali furono resi popolari all’indomani della guerra civile grazie ai disegni dell’illustratore di origine tedesca Thomas Nast, autore tra l’altro di alcune delle più note rappresentazioni di Santa Claus. In realtà, le immagini degli animali associati ai rispettivi partiti circolavano da tempo, tanto che l’asino fece probabilmente la sua comparsa addirittura nella campagna elettorale del 1828. Fu però Nast a garantirne una circolazione ampia sulla stampa. 

Ma lo scenario è sempre stato questo? Ci sono sempre stati i democratici, da una parte, e i repubblicani, dall’altra, a contendersi il potere? Parrebbe proprio di no, se pensiamo ad esempio che il primo presidente degli Stati Uniti, George Washington, non apparteneva a nessun partito. Anzi, fu proprio lui a mettere in guardia i suoi concittadini contro le pericolose conseguenze legate al prevalere del settarismo partitico in campo politico.

Le sue parole su questo tema, particolarmente dure, sono contenute nel Farewell Address, una lettera “pubblica” che scrisse il 19 settembre 1796, poco prima della scadenza del suo secondo mandato. Lo «spirito di partito», secondo Washington, poteva indurre infatti i cittadini ad affidarsi al potere dei singoli individui o, nella migliore delle ipotesi, indeboliva l’amministrazione pubblica, agitava la comunità politica con odi e gelosie, incoraggiava rivolte e insurrezioni, prestava il fianco all’influenza di paesi stranieri sulla politica nazionale e apriva la strada alla corruzione.

Nonostante la diffidenza di Washington verso una possibile tirannia dei partiti, fu proprio durante la sua presidenza che vennero poste le basi del sistema partitico americano e che andò costituendosi, seppur in germe, quel bipartitismo destinato a diventare uno dei tratti tipici della politica statunitense a livello internazionale.

In origine vi fu l’opposizione tra il partito federalista, fondato nel 1791 da Alexander Hamilton e favorevole a un rafforzamento del governo centrale, e il partito democratico-repubblicano, creato nel 1792 da Thomas Jefferson e James Madison e propenso al decentramento. Curiosamente, all’inizio, il nome scelto per indicare il partito democratico-repubblicano fu Republican Party; soltanto più tardi venne adottata la denominazione di Democratic-Republicans, usata dai detrattori per sottolineare l’accettazione da parte degli esponenti del partito dei princìpi della Rivoluzione francese. Le elezioni del 1796, che videro sfidarsi il federalista John Adams e il democratico-repubblicano Jefferson, furono le prime in cui i partiti politici ebbero un ruolo diretto.

I federalisti entrarono in crisi all’inizio dell’Ottocento, mentre le elezioni contestate del 1824 determinarono la spaccatura della coalizione democratico-repubblicana in due fazioni. Da un lato, i National Republicans, ossia i sostenitori di John Quincy Adams; dall’altro lato, i Democrats, ovvero i seguaci di Andrew Jackson, che avrebbero dato vita al Democratic Party (tale nome fu assunto ufficialmente nel 1844).

Il Republican Party nacque invece alla metà degli anni Cinquanta dell’Ottocento, soprattutto sulla spinta del rifiuto dell’estensione dello schiavismo negli stati del Kansas e Nebraska, ed espresse il suo primo presidente in Abraham Lincoln. È alla metà del XIX secolo, quindi, che risale la rivalità tra democratici e repubblicani, benché in una forma molto diversa da quella novecentesca.

La connotazione ideologica moderna dei due partiti (i democratici progressisti, i repubblicani antistatalisti e conservatori) è stata a sua volta il frutto di un processo lungo e non sempre lineare, che ha lasciato poco spazio ai tentativi di scalfire questo solido bipartitismo. Due di questi meritano, però, di essere ricordati.

Il primo risale alle presidenziali del 1948, quando Strom Thurmond, governatore della South Carolina, si presentò come candidato dello States’ Right Democratic Party, in polemica con l’apertura sui diritti civili operata dal partito democratico e da Henry Truman. I seguaci di Thurmond furono ribattezzati Dixiecrats, dall’unione tra Dixie, termine usato per indicare i cittadini del Sud, e Democrats. In quella tornata elettorale, i Dixiecrats si aggiudicarono quattro stati: Louisiana, Mississippi, Alabama e South Carolina. Dopo quest’esperienza, Thurmond sarebbe diventato uno dei più longevi senatori della storia politica americana, rivestendo un ruolo importante nelle amministrazioni repubblicane di Richard Nixon e Ronald Reagan.

Nel 1968 fu la volta del governatore dell’Alabama, George Wallace. In rappresentanza dell’American Indipendent Party, Wallace sfidò Nixon e il democratico Hubert Humphrey, difendendo posizioni segregazioniste. Del resto, fin da quando era governatore, Wallace aveva ostacolato, anche con azioni plateali, l’accesso dei primi studenti afroamericani nelle università e nelle scuole. Alle elezioni del 1968 riuscì a conquistare cinque stati: Arkansas, Louisiana, Mississippi, Alabama e Georgia. Due anni dopo, durante la campagna per le primarie del partito democratico, fu vittima di un attentato che gli costò una paralisi permanente.

Le caratteristiche del sistema elettorale statunitense e della struttura stessa dei partiti d’oltreoceano hanno finora impedito l’affermazione dei cosiddetti Third Parties. Ciononostante, storicamente sono esistite forze politiche alternative alle due principali, tra cui persino un American Nazi Party, istituito nel 1959 dal neonazista George Lincoln Rockwell. Oggi, oltre ai democratici e ai repubblicani, i maggiori partiti degli Stati Uniti sono il Libertarian Party, fondato nel 1971 per promuovere la deregolamentazione del mercato e incoraggiare le libertà individuali, e il Green Party of the United States, sorto nel 2001 e basato sui valori dell’ambientalismo, della giustizia sociale e della nonviolenza. E anche loro son spesso finiti nelle schede elettorali di alcuni stati. Il panorama è quindi molto più articolato di quanto possano far pensare le rappresentazioni che spesso dominano il dibattito pubblico.