Ravenna2017

Gli interventi e le relazioni dei pophistorians nei panel della prima conferenza AIPH tenutasi a Ravenna dal 5 al 9 giugno 2017

Ai margini della Public History: periferie, storia, comunità

MARTEDÌ 6 GIUGNO| h. 10.30-12 | Palazzo Corradini

In questo panel tenutosi il 6 giugno a Palazzo Corradini di Ravenna nell’ambito della prima conferenza dell’AIPH (Associazione Italiana Public History) i relatori si sono proposti di discutere le implicazioni, le problematiche e le ricadute sociali di progetti di public history all’interno di comunità periferiche. Con periferie non si intendono solo le aree cittadine più lontane dal centro, ma anche le aree rurali ed appenniniche, che spesso sono accomunate dalle stesse criticità: scarsità di servizi e debolezza delle risorse economico-sociali, che producono esclusione e marginalità sociale. Si sono osservate tre esperienze sul campo che dimostrano come la public history può rappresentare per le comunità periferiche uno strumento di empowerment e di creazione di reti di solidarietà e quindi di rigenerazione del capitale sociale.

Ermanno Pavesi ha presentato il progetto “Borghi da Vivere” del Comune di Monzuno, in provincia di Bologna, un’iniziativa di riscoperta di due sentieri che collegano il centro del comune a due borghi rurali e che ha dato vita a un fitto incontro intergenerazionale.

Giorgio Uberti ha raccontato la sua esperienza di liason tra storia e teatro di comunità e teatro di fragilità realizzata con gli anziani e i bambini in tre quartieri periferici di Milano: Quarto Cagnino, Quinto Romano e Figino. Il nome del progetto è “Pomeriggi insieme

Iara Meloni ha ripercorso le tappe del progetto “8 Agosto 1944. Groppaello Liberata”, sull’esperienza pluriennale del comune di Gropparello sull’Appennino piacentino per sottrarre all’oblio un patrimonio memoriale collettivo sulla Resistenza partigiana locale.

In questa pagina abbiamo raccolto un po’ di materiale e tutti gli approfondimenti per scoprire insieme i tre progetti.

Marta Gara

Le relazioni:

1. Ermanno Pavesi (Associazione PopHistory), “Borghi da vivere”

2. Giorgio Uberti (Associazione PopHistory), “Pomeriggi insieme”

3. Iara Meloni (Associazione PopHistory), “8 agosto 1944. Gropparello liberata”

 

Il racconto della storia. Un passato da leggere, scrivere, insegnare

MARTEDÌ 6 GIUGNO| h. 15.30-17 | Palazzo Corradini

La Storia può essere raccontata e insegnata anche per mezzo di forme testuali che non siano i classici saggi pieni note e dal carattere argomentativo? Ovviamente sì e l’utilizzo di metodologie proprie della Public History ci viene incontro. Lettura-scrittura, romanzi-racconti, ma anche forme di narrativa integrate attraverso l’arte, la fotografia, l’audiovisivo permettono, attraverso un linguaggio più familiare e vicino al quotidiano, di avvicinare alla disciplina pubblici diversi, costituendo anche un strumento utile e funzionale alla didattica della storia.

In tal senso, obiettivo del panel si è proposto di analizzare le potenzialità che la narrativa sembra avere verso un pubblico che spesso manca di solide conoscenze storiche. È, ad esempio, il caso del romanzo storico che, se ben scritto, ha il pregio di riuscire a mostrare al lettore il passato, velocizzando e alleggerendo la comunicazione del messaggio. Chiaro è come discorsi analoghi possono essere fatti anche per le serie tv, capaci di “fidelizzare” il pubblico. Esistono naturalmente delle “controindicazioni” e se ne discuterà. Si pensi a come nel romanzo o nella fiction sia difficile far emergere la complessità che pur caratterizza il discorso storiografico, rischiando, dunque, che la storia venga banalizzata o narrata secondo un unico punto di vista che tende a creare eccessive semplificazioni.

Si sono poi analizzate le potenzialità che lettura e scrittura possono avere nell’ambito della didattica della storia. Tra gli strumenti utili a far sì che i bambini, già a partire dalla scuola primaria, possano imparare a “pensare storicamente” si collocano gli albi illustrati: libri con immagini che aiutano gli alunni a collocarsi e a orientarsi nel passato.

Ma anche la scrittura, pensata per confezionare racconti brevi, composti a partire dallo studio di vicende storiche e integrati con elementi di fantasia, può costituire un valido mezzo per avvicinare i ragazzi delle scuole superiori alla disciplina. Verrà, a tal proposito, presentata l’esperienza di «Scrittura resistente», un progetto di didattica della storia basato su metodologie di scrittura collettiva e proposto dall’Istituto Storico della Resistenza in Toscana.

Il Public Historian può dunque operare attraverso una vasta gamma di strumenti mutuati dalla narrativa e da applicare con perizia alla divulgazione e alla didattica della storia attraverso soluzioni originali, creative e non convenzionali. L’imperativo, naturalmente, è utilizzarli per accompagnare – non sostituire – le metodologie di indagine proprie della storia-scienza.

Silvia Lotti

Le relazioni:

1. Eugenia Corbino (Associazione PopHistory), Silvia Lotti (Associazione PopHistory) La Storia da leggere e da scrivere: esperienze di didattica della storia attraverso gli albi illustrati e percorsi di scrittura creativa

2. Gabriele Sorrentino (Associazione PopHistory) Il romanzo storico: prerogative e controindicazioni

3. Eleonora Moronti (Associazione PopHistory) Intrecci d’arte: osservazione e adozione di nuovi format nella Public History

La storia in gioco

MERCOLEDÌ 7 GIUGNO | h. 8.30-10 | Palazzo Corradini

(gruppo di lavoro: Chiara Asti, Gabriele Sorrentino, Marco Cecalupo, Andrea Baravelli, Glauco Babini, Giorgio Gandolfi, Mirco Carrattieri, Elisa Gardini)

La Storia può essere narrata tramite il gioco? Quali sono le potenzialità e i limiti di una narrazione storica basata sul gioco? Con quali risultati è possibile utilizzare i giochi storici a scopi didattici? Nel panel La storia in gioco abbiamo provato ad analizzare questa problematica mettendo a confronto le ragioni dello storico tradizionale, dell’esperto di didattica ludica, dei giocatori e, ovviamente, del public historian in modo da ricercare una sintesi che non fosse solo teorica, ma che proponesse soluzioni pratiche, suggerendo nuove strade per l’insegnamento della Storia e per una narrazione condivisa.

Giochi da tavolo, videogames, role plays, ecc. possono infatti essere a nostro parere validi strumenti di Public History. Sono molti i giochi che utilizzano la storia come contesto: alcuni di questi no si limitano ad un’ambientazione storica di sfondo ma basano i meccanismi di gioco sulle dinamiche storiche del periodo scelto, con diversi livelli di aderenza storica. L’obiettivo specifico del panel è stato quello di analizzare in modo interdisciplinare le potenzialità dei giochi per la trasmissione e diffusione del sapere storico, sia attraverso i contenuti veicolati, che mettendo il giocatore di fronte alla complessità dei contesti e ai possibili scenari alternativi (what if?).
Gli appassionati di giochi storici sono molto attenti all’aderenza del gioco alla realtà e pensiamo valga la pena intercettarne l’interesse verso la Storia: il gioco, a differenza di altri media, permette una partecipazione attiva alla costruzione della narrazione; in questo senso può essere un valido strumento di public history, un modo per fare storia con il pubblico.
Per sviluppare questo discorso, abbiamo scelto come terreno di confronto il board game “Twilight Struggle”, uno dei più conosciuti del panorama internazionale. Si tratta di un gioco card-driven dedicato alla Guerra Fredda 1945-1989, di cui analizza nel dettaglio gli eventi e riproduce con verosimiglianza i meccanismi psicologici.
Dall’analisi critica di Twilight Struggle, confrontato con altri giochi sullo stesso argomento e con prodotti dedicati ad epoche diverse, ne sono emerse sia le potenzialità che i limiti. Se infatti nel gioco viene resa l’atmosfera di tensione e contrapposizione tra le due superpotenze, manca il livello dei singoli stati e soprattuto il ruolo del popolo (al centro invece, ad esempio, di un altro gioco sulla Guerra Fredda: “Wir sind das volk!”). Il mazzo di carte si compone di eventi realmente accaduti, suddivisi in tre periodi: inizio guerra, metà guerra, tarda guerra e nel regolamento dell’edizione deluxe c’è un’ampia parte finale, La Storia nelle Carte, nella quale vengono spiegati alcuni degli eventi principali rappresentati sulle carte. Ma fra gli eventi selezinati dagli autori per essere inseriti nel gioco ne mancano di fondamentali; uno per tutti: la costruzione del muro di Berlino.
Da un punto di vista didattico, il gioco risulta di difficile applicazione a meno di apportare una serie di modifiche ad hoc.
Il vero potenziale di questo, come di altri giochi storici, risiede quindi nella narrazione che sviluppa e alla quale il giocatore partecipa attivamente, mettendo in scena possibili scenari alternativi che possono essere validi spunti di riflessione fra public historian e giocatori. Infine, ampliando lo sguardo al di là di “Twilight Struggle”, il public historian può partecipare alla creazione di giochi a sfondo storico accanto a game designer professionisti, creando così dei giochi con solide basi storiche in grado di trasmettere nozioni storiche e fungere da mezzi di divulgazione.

PROGRAMMA DETTAGLIATO

Coordinatrice Chiara Asti (Museo della Repubblica di Montefiorino e della Resistenza Italiana)

1. Andrea Baravelli – Mirco Carrattieri “Cold war games”. Dal tavolo delle trattative al tavolo di gioco.

2. Marco Cecalupo (Insegnante) A cosa serve giocare a Twilight Struggle?

3. Gabriele Sorrentino (Public Historian) Giocare la Storia: potenzialità e criticità. L’esempio di Twilight Struggle e il problema del What if