Bucarest comunista: Nicolae Ceausescu tra sfarzo e memoria

di Giorgio Uberti

Il 21 maggio 1973, il sesto presidente della Repubblica Italiana, Giovanni Leone, ha approvato il conferimento del titolo di Cavaliere di Gran Croce al Presidente della Repubblica Socialista di Romania. È iniziata così la visita ufficiale di Nicolae Ceaușescu in Italia, San Marino e alla Santa Sede. Da allora sono trascorsi quarantacinque anni.

Balcanica nell’anima, turca nel sangue, francese nel cuore, sovietica sulla pelle e latina nella voce: benvenuti a Bucarest, la capitale della Romania!

In questa definizione c’è tutta la storia di una città che, in una manciata di secoli, ha conosciuto svariate culture. Non troverete però un monumento simbolico che ha reso questa capitale iconica nel mondo. Non troverete una Statua della Libertà, un Big Ben, una Tour Eiffel, una Porta di Brandeburgo o un teatro dell’opera dalle forme aguzze.

C’è però un personaggio storico, e forse è proprio lui il simbolo iconico di questa nazione nel mondo: stiamo parlando del conte Dracula! O almeno sembrano confermarlo i numerosi oggettini più o meno kitsch presenti nei negozi di souvenir.

Per creare l’inquietante vampiro, Bram Stroker ha preso ispirazione da un sovrano (voivoda) della Vallacchia, una regione della Romania, vissuto quasi seicento anni or sono e il cui soprannome la dice lunga sul suo carattere poco mansueto. Vlad, soprannominato l’impalatore, era figlio di un altro Vlad, membro dell’ordine Cavallereso del Drago, da cui il soprannome dracul.

Il legame di Vlad, l’impalatore, figlio di Vlad dracul, con Bucarest però non è così marcato, se non per aver indicato l’attuale capitale della Romania come una tra le sue dimore. Il suo busto in bronzo, tra le rovine della città vecchia, è infatti uno dei monumenti più fotografati della città.

Risalendo la china del tempo troviamo un altro personaggio iconico che ha caratterizzato la storia della Romania, almeno nella seconda metà del Novecento, stiamo parlando di Nicolae Ceasusecu. La sua eredità è ancora ben visibile tra i viali, le piazze, i palazzi e il sottosuolo di Bucarest.

Nicolae Ceausescu ha governato la Romania dal 1965 al 1989. Prima come Segretario del Partito Comunista poi, in seguito al passaggio da Repubblica Popolare a Repubblica Socialista, come Presidente della Romania. Dalla sua drammatica fucilazione, in coppia con la moglie Elena, non sono trascorsi ancora trent’anni eppure sono sempre più numerosi i rumeni che rimpiangono il megalomane leader comunista.

Il 23 agosto 1944 il Regno di Romania ruppe l’alleanza con la Germania nazista e si schierò con gli alleati. La conseguenza di questo cambio di schieramento fu l’entrata nel Paese dell’Armata Rossa. La Conferenza di Jalta aveva assegnato la Romania alla sfera di influenza Sovietica e i Trattati di Pace di Parigi non riconobbero alla Romania lo status di nazione alleata così l’Armata Rossa continuò la sua permanenza nel Paese fino agli anni Sessanta.

Tuttavia, a causa dell’occupazione militare, la politica sovietica degenerò rapidamente in una dittatura di stampo stalinista. Si insediò un governo dominato da comunisti filo-sovietici e guidato da Petru Groza. Fu organizzato un colpo di stato che, approfittando del clima natalizio, costrinse il re all’abrogazione.

Era il 30 dicembre 1947 quando fu resa pubblica la notizia della fine della monarchia e il 13 aprile 1948, con la prima costituzione della Romania comunista, fu proclamata la Repubblica Popolare Rumena.

A Peter Groza, nel 1952 succedette Gheorghe Gheorghiu-Dej e a partire dalla morte di quest’ultimo, avvenuta nel 1965, la Romania divenne una Repubblica Socialista. Da quell’anno il Segretario generale del Partito Comunista Romeno divenne Nicolae Ceausescu il quale due anni dopo assunse anche l’incarico di Presidente della Romania.

Nei primi anni di governo, Ceausescu fu popolare, sia in patria sia all’estero. Tra gli anni Sessanta e gli anni Settanta la Romania attraversava un periodo di slancio culturale e di relativo benessere economico. Nel 1968 il leader si pronunciò contro l’invasione della Cecoslovacchia e continuava a intrattenere buone relazioni con i governi e con le istituzioni occidentali, come il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Mondiale.

Il 4 marzo 1977 Bucarest, e buona parte della Romania, fu scossa da un sisma devastante. Questo fenomeno catastrofico fu anche il pretesto per la demolizione di gran parte della città vecchia. Al suo posto sarebbe dovuta sorgere una nuova città, contraddistinta da grandi viali, da piazze monumentali e avveniristiche linee metropolitane, in puro stile sovietico.

Il simbolo più visibile di questa rivoluzione urbana è il Palazzo del Parlamento. Questo colosso architettonico di acciaio, cemento e marmo oltre a essere un monumento alla megalomania di Ceausescu è senza dubbio l’emblema iconico di Bucarest.

Il palazzo è un vero e proprio miscuglio architettonico di rococò, barocco, bizantino, il tutto filtrato attraverso l’estetica comunista che lo fa risultare più austero che imponente.

Dal 1983 vi lavorarono circa 700 architetti e più di 200.000 operai. Le dimensioni sono impressionanti: 12 piani in altezza e otto sotterranei per un totale di 1.100 stanze (in gran parte oggi inutilizzate). Il valore immobiliare stimato si aggira intorno ai quattro miliardi di dollari, il che lo rende l’edificio governativo più costoso di tutta la storia, e il secondo più grande dopo il Pentagono.

Il nome di questo mostro è oggetto di controversie. L’edificio avrebbe dovuto essere chiamato Casa della Repubblica (Casa Republicii) e doveva servire da quartier generale per tutte le maggiori istituzioni dello Stato. Fu completato solo dopo la caduta del comunismo e il suo nome ufficiale divenne Palazzo del Parlamento (Palatul Parlamentului) anche se molti rumeni lo conoscono ancora come Casa del Popolo (Casa Poporului).

La visita al Palazzo deve essere prenotata in anticipo e solo telefonicamente. Però, se anche voi come me avete pochi giorni di permanenza e amate il lato meno appariscente della storia, vi consiglio un’altra visita.

«Vogliamo che i nostri visitatori vedano come Ceauşescu visse, non solo come capo di Stato, ma come uomo, nella sua vita privata. Gli hobby che aveva, quale era la sua routine, come studiava o quali collezioni d’arte ha avuto».

Questa è la premessa che accompagna un altro luogo legato alla storia della Romania comunista: il Palazzo di Primavera. Questa villa, dal nome così bucolico, è stata voluta, progettata e arredata tra il 1965 e il 1971 sotto la diretta supervisione di Nicolae Ceausescu che l’ha eletta residenza personale per lui e per la sua famiglia.

Siamo in un tranquillo quartiere residenziale, a un paio di chilometri a nord dal centro della capitale. Sono trascorsi quasi trent’anni dall’ultima volta che il leader e la sua famiglia hanno lasciato questo luogo eppure sembra che i Ceausescu debbano rientrare da un momento all’altro. Le stanze sono state restituite all’antico lustro grazie a un recente restauro.

Gli ambienti visitabili sono quattordici e il biglietto costa 50 lei (circa 10 euro). La visita può essere fatta solo in compagnia di una guida autorizzata. Dopo aver indossato asettici sacchettini copri scarpe il percorso ha inizio proprio dallo studio di Ceausescu.

Durante l’itinerario non verranno raccontati dettagli di storia politica o elencati gli atti del governo comunista ma verranno solo approfondite le passioni private di Nicolae, di Elena e dei loro tre figli Nicu, Zoia e Valentin.

La politica sembra entrare in questa casa solo nel 1969 quando, contravvenendo al protocollo, il trentasettesimo presidente degli Stati Uniti, Richard Nixon è stato ospitato tra i salotti dorati e le camere decorate da mosaici e legni intarsiati. Tra lo sfarzo generale trova posto anche un centro benessere, una serra esotica e una piscina interna. Di particolare interesse sono anche la tavernetta e il cinema al piano interrato.

L’effetto d’insieme è affascinante ma anche piuttosto deprimente. I raffinati arredi artigianali sono riproduzioni di stili che spaziano da un Luigi XIV al Liberty, risultando al limite del soffocante. Il giro si conclude all’aperto, in un patio, dove si possono ammirare ancora i pavoni tanto amati dal leader comunista.

L’impressione all’uscita è quella di aver camminato in una dimensione parallela, una sensazione che lascia frastornato per la maniacalità con cui tutto è stato tenuto immobile, asettico, al limite del nostalgico. Tutto molto lontano dalla rivoluzione mondiale che nel frattempo si è compiuta.

A questo punto vi consiglio di concludere la vostra giornata alla scoperta della Bucarest comunista, in pieno centro, presso la drammaticamente nota Piata Revolutiei.

Qui, il 21 dicembre 1989, da un balcone dell’ex Palazzo del Comitato Centrale del Partito Comunista, Nicolae Ceausescu tenne il suo ultimo discorso. Il Muro di Berlino era caduto da circa un mese. Le agitazioni, che erano scoppiate in Romania, nella città di Timisoara, avevano iniziato a diffondersi in tutto il Paese.

L’adunata popolare degenerò in rivolta e solo quel giorno si contarono 50 morti, 462 feriti e 1.245 arresti. I segni degli spari sono ancora ben visibili sugli edifici.

Al centro della piazza troviamo un momento, eretto nel 2005, che non ha mancato di suscitare polemiche e che oggi non sembra essere oggetto di particolare attenzione e cura da parte pubblica. Il Monumento alla Rinascita è un semplice obelisco bianco circondato da una corona simile a un cesto dal quale cola una vernice color rosso sangue.

La Romania è entrata così rapidamente nei processi politici europei e nel mercato globale che sembra non aver avuto il tempo di affrontare ed elaborare completamente il proprio recente passato.

Da una parte lo sfarzo che circonda ancora l’immagine del dittatore, dall’altra la decadenza di una memoria difficile da percepire. Quali domande si faranno le generazioni nate dopo il 1990?