Stonehenge
di Gabriele Sorrentino
Foto di Daniela Ori
Il termine Stonehenge deriva da stone (pietra) e henge (sospeso) ed è uno di più famosi siti neolitici del mondo, che si trova in Inghilterra, vicino ad Amesbury nello Wiltshire, circa 13 chilometri a nord-ovest di Salisbury, città che racchiude una suggestiva fortificazione circolare rialzata, tipica della zona (Old-Sarum). Stonehenge è il più celebre cromlech (circolo di pietra), composto da un insieme circolare di grosse pietre diritte (megaliti) sormontate da colossali pietre orizzontali. Ho visitato il sito nell’agosto 2018 e ho potuto ammirarne la bellezza, ben completata dal notevole centro visitatori, aperto nel 2013, che racchiude una interessante mostra di reperti coevi al sito e una ricostruzione multimediale del cerchio di pietre che consente di immergersi letteralmente nelle sue diverse fasi di costruzione. Prima di visitare Stonehenge, il mio consiglio è quello di fermarsi a tre chilometri a nord-est, in un luogo meno conosciuto, Durrington Walls. Si tratta di un grande insediamento neolitico, che probabilmente fu abitato da coloro che costruirono Stonehenge. Il sito è circondato da cairn, cioè montagnole che celano il ricordo di tombe neolitiche. A fianco al sito oggi si trovano dei pilastri di cemento posti in cerchio, collocati dove in epoca preistorica c’erano i pali di legno di Woodhenge, che probabilmente costituiva un tempio gemello di Stonehenge e, come questo, ha l’entrata orientata per essere colpita dalla luce all’alba del solstizio d’estate. Il sito è datato fra il neolitico e l’età del bronzo, attorno a 4.000 anni fa; al centro c’è una sorta di grande braciere, forse luogo di riti funebri, data la vicinanza delle tombe. Al centro del cerchio c’è un cairn dove è stata rinvenuta la tomba di un bambino. Secondo alcune interpretazioni, siccome la costruzione delle tombe degli antenati era di solito fatta con pietra, mentre il materiale deperibile, come il legno, era riservato ai vivi, Woodhenge potrebbe essere stato un tempio per i vivi, dove Stonehenge era il “dominio dei morti”. Le pietre utilizzate per costruire Stonehenge sono in parte le blue stones che vengono dal Galles. È probabile che i primi abitatori della zona, fossero popolazioni originarie del Galles che, una volta diventate sedentarie, abbiano deciso di utilizzare le pietre della loro terra natia per ricordare i propri antenati.
La visita a Woodhenge prepara quindi quella a Stonehenge e consente di collocare questa struttura gigantesca, stranamente ignorata dai racconti dei Romani, in un contesto insediativo più completo. Dal centro visitatori – dove sono presenti un fornito negozio di guide e souvenir e un ristorante self service – un minibus conduce i turisti proprio davanti al cerchio di pietre. Prima di salire sul bus, è interessante ammirare la ricostruzione di case preistoriche, arredate con utensili e pelli, dove alcuni addetti mostrano esempi di vita quotidiana.
Una volta scesi dal bus, il percorso ci conduce in un ampio cerchio che ci consente di ammirare l’intera struttura, che spicca su una zona collinosa. È noto che dall’inizio dell’Ottocento il sito si trovava in abbandono e venne ristrutturato dagli ingegneri vittoriani, con la sensibilità dell’epoca, che portava a ricostruire i monumenti, anche a costo di qualche licenza poetica. Nonostante questa consapevolezza, Stonehenge, mi appare subito come un luogo sacro che riesce a mantenere la sua aura spirituale nonostante l’esercito di turisti che arranca sotto il sole. La prima cosa che colpisce è l’immensità del sito e la difficoltà della sua costruzione. Le pietre più grandi, in gneiss (dal peso di 25/50 tonnellate), furono tagliate da una collina distante 30 km dal sito archeologico, per essere probabilmente trasportate attraverso delle slitte che scivolavano su rulli in legno, tirate con corde di cuoio da decine di uomini. Le pietre di dimensioni inferiori furono in parte estratte e tagliate in un sito distante 3 km ed in parte in altre località, tra cui un sito in Galles ad una distanza di oltre 200 km. Viaggiarono lungo strade che erano poco più che piste e lungo fiumi su zattere precarie. È evidente, quindi, che gli uomini che, 5.000/4.500 anni fa, decisero di erigere il tempio, erano coscienti del fatto che non avrebbero mai potuto vederlo terminato. Questa consapevolezza incute rispetto per quegli uomini che spesso giudichiamo primitivi, che furono capaci di immaginare un progetto di lunga durata, con lo scopo di onorare i propri Dei e compattare la loro comunità.
Mike Parker Pearson, docente presso la University College of London nel 2013 sostiene che il sito venne utilizzato come cimitero già nel 3.100 a.C., cinque secoli prima della costruzione del cerchio di pietra. Del resto, sono oltre 50.000, i frammenti ossei appartenenti a 63 individui di ambo i sessi, compreso un neonato, rinvenuti nella zona. Tra questi anche un arciere, sepolto con una scheggia di pietra che gli proteggeva il polso dallo sfregamento dell’arco, ucciso da tre frecce. In un altro tumulo sepolcrale sono state rivenute alcune losanghe d’oro, oltre a un pugnale e un’ascia rituale. Stonehenge è un luogo considerato sacro da almeno cinquemila anni, e questa aura spirituale colpisce subito il visitatore e lo riempie di emozione.
Come avviene per altri luoghi simbolo dell’Inghilterra – penso alla torre di Londra – anche le altre colonne di pietra di Stonehenge ospitano decine di corvi che osservano i turisti senza curarsi di loro. Nessuno conosce il nome del Dio a cui per primo venne dedicato questo tempio, eppure è evidente che era una divinità potente che spinse i nostri antenati a trasportare enormi blocchi di pietra per distanze all’epoca proibitive.
Grazie alla loro tenacia, il respiro di quella divinità dal nome sconosciuto tuttora si percepisce nel vento che spazza la spianata dove sorge il tempio, e porta le voci di quei lontani fedeli che costruirono una meravigliosa cattedrale per il loro Dio, un tempio che svetta incurante del traffico che corre lungo la vicina statale, un luogo dove – al di là delle diverse tesi degli storici – è possibile udire, nitida, la voce di Dio.
Stonehenge è la meta di un viaggio ancestrale, oltre il tempo della vita mortale di artisti della pietra senza nome, ma dal grande talento e dalla profonda fede. Il Tempio di Stonehenge è l’ambizione dell’uomo di congiungersi con l’immensità di Dio. Una cattedrale nella natura, tra terra e cielo. E’ il cerchio che stringe alleanze di generazione in generazione. Qui respiriamo il rispetto e restiamo in silenzio ad ammirare lo stupore del grande. Ti ringrazio, Gabriele, per questo ricordo scritto e sono felice di averti accompagnato in questo viaggio nella Storia, documentato con i miei modesti scatti. Daniela