Il Gladiatore 2

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Foto di Paramount Pictures – The Movie Database, Pubblico dominio, Collegamento

di Gian Luca Gonzato e Gabriele Sorrentino

Il Gladiatore II, un film dai molti difetti e qualche (piccolo) pregio

Da poco uscito nelle sale, il Gladiatore II è certamente un film spettacolare ma anche ricco di forzature storiche e di alcuni veri e propri strafalcioni che è utile segnalare poiché potrebbero generare nello spettatore una visione errata di un periodo importante della storia del Mediterraneo. Prima di cominciare però è utile il solito disclaimer: questa popreview contiene spoiler!

Il sequel alla luce del predecessore

A onor del vero, bisogna ammettere che anche il Gladiatore (2000) presentava diverse forzature storiche[1] ma, probabilmente per una sceneggiatura più solida e un cast più ispirato, nel complesso restituiva, a nostro avviso, una ricostruzione più credibile; e il film era di certo più godibile.

Come il suo predecessore, il sequel è un film tecnicamente ben riuscito (con l’eccezione di alcuni effetti di computer grafica) ma la sceneggiatura è ridondante in certi punti e presenta lacune in altri. L’unico attore a offrire una prestazione di buon livello è Denzel Washington: il suo Macrino, infatti, è un buon villain anche se non raggiunge il livello di credibilità del Commodo di Joaquin Phoenix. Pedro Pascal è piuttosto ingessato nel suo Marco Acacio, mentre Paul Mescal è un po’ più calato in Lucio. I due imperatori Geta (Joseph Quinn) e Caracalla (Fred Hechinger) sono infine piuttosto deboli ben prima che storicamente inesatti.

Un anacronismo per iniziare…anzi due

Cominciamo quindi dall’inizio del film, che contiene già un anacronismo di rilievo. Un breve testo contestualizza le vicende narrate ed evidenzia che i fatti sono ambientati sedici anni dopo quelli della prima pellicola, comunicando allo spettatore che a Roma dilagano la furia e la violenza degli “imperatori gemelli” (sic!) ovvero Geta e Caracalla.  Commodo muore nel 192 d.C., quindi il film è ambientato nel 208 d.C. ma in quel periodo era imperatore Settimio Severo (che regnò dal 193 d.C. al 211 d.C.).

La battaglia che apre la pellicola è però interessante e rovescia completamente la prospettiva del primo film, dove si assisteva a un’operazione militare romana in terra barbara. Ne Il Gladiatore II seguiamo infatti le vicende di alcuni combattenti “dell’ultima città libera dell’Africa Nova”, come viene detto nella pellicola, che cercano di respingere l’assalto romano. E tuttavia qui risiede il secondo forte anacronismo, che riguarda la conquista delle libere genti di Numidia, terra che però apparteneva all’Impero sin dai tempi di Cesare (46 a.C.) ed era pertanto già fortemente romanizzata. Piuttosto, più o meno nel periodo in cui il film è ambientato, Settimio Severo intraprese (202) una campagna militare in Africa per consolidare il limes meridionale, che durante l’anarchia del 192-193 – seguita alla morte di Commodo – era stato oggetto di molte incursioni da parte dei popoli berberi. Non si trattò di una conquista ma di un’operazione di ripristino della sovranità romana in un territorio da tempo sottoposto all’Impero, dove vi erano molti cittadini romani e tanti abitanti già romanizzati. Forse la scelta narrativa vuole far riflettere criticamente sul tema dell’imperialismo romano, mettendo al centro dell’attenzione i vinti. Si tratta di una prerogativa della “poetica” di Scott, che tende a utilizzare il passato per lanciare uno sguardo sulle problematiche contemporanee (qualcosa di simile il regista lo ha fatto, ad esempio, anche ne Le Crociate, 2005). Purtroppo, in questa pellicola lo fa attraverso un percorso storicamente inesatto che rischia di far passare nello spettatore un’idea errata delle dinamiche politiche di quel periodo.

Una divertente battaglia impossibile

Torniamo al momento dell’assalto romano, che apre il film. La battaglia è portata in scena con tonalità irrealistiche ma sicuramente epiche. Nella città numida ribelle, infatti, vive Annone che in realtà è Lucio, il figlio di Massimo Decimo Meridio, nascosto dalla madre Lucilla durante le lotte per la successione di Commodo[2]. Il punto focale attorno cui ruota la prima metà del film è, d’altronde, la volontà di Annone di vendicarsi di Acacio, generale romano reo di aver occupato la città africana. Dal punto di vista tattico, però, questa battaglia è decisamente improbabile: vediamo le navi romane speronare le mura a strapiombo sul mare e issare le torri d’assedio sui ponti delle navi e risolvere tutto con una carneficina in cui cadono anche moltissimi legionari. Un generale romano capace, come nel film si dice sia Acacio, sarebbe sbarcato lontano dalla città e l’avrebbe cinta d’assedio. Lo scontro messo in scena da Scott sembra una versione navale dalla cavalcata dei Rohirrim nel Signore degli Anelli di Peter Jackson oppure uno Sbarco in Normandia, riportato a forza in epoca romana. Scenico ed epico, certamente, ma improbabile.

La Roma di Scott

Terminata la battaglia, lo spettatore è trasportato a Roma. Dal punto di vista architettonico, la città presenta alcuni elementi che sono ormai entrati nell’immaginario collettivo, dai tempi dei primi film sui Romani, negli anni Trenta del Novecento. Tra questi, spicca la sontuosa Via dei Trionfi, ispirata alla Via dei Fori Imperiali che tuttavia non esisteva ai tempi dei Romani. Eccezion fatta per queste “licenze poetiche”, la ricostruzione è affascinante e restituisce l’idea di una città caput mundi. Roma viene tratteggiata come soggiogata dagli “imperatori gemelli”; augusti assetati di sangue – durante un banchetto decidono di trasformare un’esibizione gladiatoria in uno scontro mortale– Geta e Caracalla sono votati all’espansione dell’Impero. Quando il generale Acacio, di ritorno dalla spedizione africana, si presenta al loro cospetto gli viene infatti ordinato di proseguire la guerra e partire alla volta della Persia e, poi, dell’India. Sappiamo già che, in realtà, il regno degli imperatori gemelli durò pochi mesi e avvenne dopo i fatti narrati dal film. I due imperatori, inoltre, non erano neppure gemelli, dato che Caracalla nacque nel 188 e Geta l’anno successivo, nel 189. Nella seconda metà della pellicola, ecco il colpo di scena: il villain è Macrino e Annone/Lucio ha l’obbiettivo di trasformare in realtà “il sogno di Roma” di Marco Aurelio. Sogno che vedrebbe una Roma protetta dal Senato, dove la legge sia eguale per tutti. Un sogno che si oppone alla tirannide e all’istituzione imperiale. Nella presentazione di Macrino – che con una congiura ascende al trono imperiale – il film conduce però un’interessante interpretazione della politica romana. L’aggressività degli imperatori, il loro votarsi all’espansione indefinita di Roma e il loro cinismo sono tratti che vengono spiegati alla luce delle modalità attraverso cui gli augusti riuscivano a raggiungere il trono. Un sistema dove vige la legge del più forte e dove la spregiudicatezza è uno strumento di scalata al potere non può che generare mostri. Questa parte della ricostruzione è credibile, in fondo Roma era la capitale dell’Impero, quindi anche un luogo ricco di opportunità per chi poteva e sapeva coglierle.

Ambizioni e Ricostruzioni

Abbiamo già detto che Geta e Caracalla non erano gemelli, né due persone disturbate come vengono descritte nel film. Figli di Settimio Severo, regnarono prima insieme al padre (209-211) fino alla morte di quest’ultimo (4 febbraio) e poi insieme sino al dicembre del 211 quando Caracalla fece uccidere il fratello e assunse il potere. Uomo descritto come sanguinario e vendicativo, Caracalla fu tutt’altro che inetto. Ottimo soldato – anche se forse le sue vittorie furono un po’ ingigantite dalla propaganda – ottenne diverse vittorie militari soprattutto contro i Parti e riformò l’esercito. Geta era più riflessivo e venne sempre tenuto in secondo piano dal padre, che lo considerava più adatto ad amministrare la giustizia che a combattere. Caracalla cadde per il tradimento di un uomo della guardia pretoriana, mentre era nel pieno di una campagna militare nel 217, sei anni dopo la morte di Geta. Non è chiaro se l’ispiratore fu Macrino, che proprio l’Imperatore aveva messo a capo dei pretoriani, o se quest’ultimo colse l’occasione creata da altri. Si fece comunque nominare imperatore e regnò sino al 218, quando fu spodestato e ucciso dalla famiglia di Caracalla che impose Eliogabalo. Tutta la parte finale del film, quindi, con la morte quasi in contemporanea dei due imperatori, l’elezione di Macrino e il suo assassinio in singolar tenzone da parte di Annone, sono storicamente inesatte, così come l’idea che con la morte di Macrino potesse essere ripristinata la Repubblica. Addirittura, vediamo i due gemelli minacciare Lucilla di crocifissione, ma nessun cittadino romano, per di più di alto rango, poteva essere crocifisso. Lucilla, inoltre, sorella di Commodo, fu uccisa nel 183 mentre era in esilio dopo una congiura contro il fratello; quindi, non conobbe mai il regno di Caracalla. Soffermiamoci adesso su Macrino. Costui era nato a Cesarea in Mauretania (l’attuale Cherchell in Algeria) e apparteneva a una famiglia punico-numidica del ceto equestre. Ma era cittadino romano e non risulta che fosse stato schiavo, come si ipotizza nel film. Secondo lo storico romano Dione Cassio, Macrino non nascondeva le proprie origini africane e aveva persino un orecchio forato, com’era costume nelle sue terre d’origine e, vista la scalata al potere dal ceto equestre, è possibile che sia stato in grado di muoversi con bravura nella politica romana, come si vede nel film.

Le regole del Gioco

Il film dà probabilmente il meglio di sé nel rendere l’idea del clima, della folla e dello spettacolo. Bella è la figura del medico dei gladiatori, interpretato da Alexander Karim. In effetti, i gladiatori erano seguiti da medici (il più famoso tra questi è Galeno di Pergamo, vissuto tra il 129 e il 216 d.C. che iniziò così la sua professione) in quanto “sportivi”, costosi da formare e soggetti a molte ferite. Anche la naumachia (cioè la battaglia navale all’Anfiteatro) è ben costruita, anche se gli squali difficilmente potevano essere liberati in un lago di bassa profondità, per giunta di acqua dolce. La presenza di rinoceronti e scimmie è invece documentata. Oggi noi sappiamo che i gladiatori combattevano secondo regole precise e non era consentito loro scegliere le armi come si vede sia in questo film che nel suo predecessore. La gladiatoria era uno sport e, in quanto tale, era pensato come spettacolo, tanto che molti gladiatori erano professionisti, non schiavi. Per questo motivo, di solito, i combattimenti non erano impari, salvo che non si trattasse di esecuzioni capitali. Nonostante questa forzatura, la ricostruzione dei giochi gladiatori sembra nel complesso ben riuscita.

La Roma che non c’è

La pellicola di Scott ricostruisce la storia e la società romana in modo purtroppo impreciso. La storia romana è già molto avvincente senza bisogno di stravolgerla come è stato fatto nel film e questo è davvero un peccato, perché si propone allo spettatore un’immagine stereotipata di una civiltà complessa e articolata, finendo per giudicarla col metro dell’uomo contemporaneo. Le società antiche erano violente e di certo ricche di differenze tra classi sociali. Queste non erano, però, caratteristiche uniche dei Romani che avevano, tra l’altro, nel proprio ordinamento alcuni meccanismi (ad esempio, la liberazione dello schiavo che diventava cittadino romano) che consentivano, in date circostanze, una certa mobilità sociale. Soprattutto, il film non riesce (o non vuole) rappresentare il melting pot dell’Impero Romano, dove abitanti di diverse etnie partecipavano a vari livelli ad una vita pubblica, attraversata sì da violenza e prevaricazione, ma anche caratterizzata da grande complessità.

 


Note:

[1] Tra le numerose licenze poetiche del Gladiatore ricordiamo l’uso del termine Colosseo per indicare l’Anfiteatro Flavio, il fatto che nell’arena si vede una balestra che però è arma medievale e che Commodo entra armato in Senato ma questo comportamento non era consentito.  Le scene di cavalleria, inoltre, utilizzano le staffe che non erano state ancora inventate. Soprattutto, Marco Aurelio non fu ucciso da Commodo, ma morì a causa della peste e Commodo non morì nell’Arena ma per una congiura. Infine, Lucilla, sorella di Commodo, nella realtà storica non ebbe figli e quindi il protagonista del secondo film non è mai esistito.

[2] Rispetto al Gladiatore questa è una differenza significativa. Nel primo film, infatti, il giovane Lucio Vero è considerato figlio di Lucilla e di Lucio Aurelio Vero che regnò dal 161 al 169 insieme al fratello adottivo Marco Aurelio e morì di morte naturale. Aurelio Vero sposò effettivamente la figlia di Marco Aurelio Lucilla, avendo due figlie e un maschio, il nostro Lucio Vero. Nessuno di loro, però, raggiunse l’età adulta. La scelta degli sceneggiatori mira a creare un più stretto legame tra il primo e il secondo film ma così facendo crea una forzatura non indifferente alla trama.