Copertina di Mujeres tratta da Google Books (https://g.co/kgs/JE21Zs)

di Eleonora Moronti

Mujeres
(2018, di Pino Cacucci e Stefano Delli Veneri)

Città del Messico, 1970. Un giovane poeta a passeggio per le strade  riconosce in una venditrice ambulante la splendida Nahui Olin (al secolo Carmen Mondragón), modella e artista, icona di passione e bellezza degli anni venti e trenta messicani. Insieme, poeta e modella, giovane e non più giovane, uomo del pubblico e donna del palcoscenico, ripercorrono la storia per immagini delle grandi protagoniste della vita politica e culturale del Messico, in una delle sue stagioni più feconde e turbolente.

La mano dello scrittore Pino Cacucci e quella dell’illustratore Stefano Delli Veneri sorreggono questo godibile murale edito da Feltrinelli,  in cui spiccano i volti delle signore del Paese: dall’ immancabile Frida Kahlo, alla semisconosciuta Nellie Campobello, passando per Antonieta Rivas Mercado e Chavela Vargas.

Tavola per tavola, piano sequenza per piano sequenza, si srotolano le storie interdipendenti di inquietudini e ribellioni di donne, che infondono in questa ricca graphic novel un effetto infatuante-più o meno conscio- per le lotte e gli scandali consumati sulle primissime linee della battaglia femminista, ma anche indigenista, generazionale e  culturale,  nei tanti fronti aperti dal  magma post-rivoluzionario.

Vi è in Mujeres  un impasto romantico, a tratti idealizzante, che  lievita per tutto lo svolgersi della graphic e che a volte sembra risucchiare lo spazio di narrazione della Grande Storia. I traumi della rivoluzione, l’appropriazione creativa, calcolata e multipla del passato precoloniale, l’avvento del mito della raza cósmica che sono ingredienti fondamentali per una rappresentazione complessa dello scenario su cui si muovono le protagoniste raccontate, restano imbottigliati in un sentore più vago, rarefatto, sacrificando così un po’ l’accurata e scrupolosa ricerca di contesto.

Ma l’opera ha il  pregio notevole  di far ricordare, attraverso i volti delle gigantesse del Messico, che il percorso di emancipazione femminista ha radici profonde che partono da lontano e non si diffondo solo entro i confini europei e americani, contribuendo così a recuperare  biografie e nomi che possono suonare come quasi sconosciuti di qua dall’Atlantico, ma che sono patrimonio di una storia comune, anche quando non è direttamente sovrapponibile alla Grande Storia.

Che poi, in fondo, esiste davvero la Grande Storia ? O non sarà piuttosto il nome che  diamo alle fratture del tempo che governano, con sconquasso più o meno grande, le nostre singole vite, fotogrammi dopo fotogrammi, con colori, dolori e conquiste, come nelle storie di Mujeres?