Nella stanza dell’imperatore
Foto dal sito dell’editore
di Gian Luca Gonzato
Nella stanza dell’imperatore
di Sonia Aggio (Fazi editore, 2024)
È da poco stato pubblicato Nella stanza dell’imperatore, ultimo romanzo di Sonia Aggio. Dopo Magnificat (2022) l’autrice ci accompagna in un racconto ambientato nell’Impero Romano d’Oriente del X secolo, nel quale possiamo seguire la vita e l’ascesa al trono di Giovanni Zimisce (969-976)[1].
Sin dalle pagine iniziali l’autrice fornisce informazioni essenziali riguardo alla storia bizantina, che consentono al lettore di orientarsi con maggiore consapevolezza all’interno delle vicende narrate. Prima dell’inizio del racconto si trovano infatti alberi genealogici (delle famiglie dei Foca, dei Curcuas, degli Sclero, oltre che di quella imperiale) e una mappa dell’Anatolia. Oltre a ciò, sono stati adottati alcuni espedienti narrativi, come una lezione di storia a cui partecipa un giovane Giovanni, utilizzata per stilare un breve riassunto delle vicende di Giustiniano (527-565), Maurizio (582-602), Foca (602-610) ed Eraclio (610-641). Pur non trattandosi di dettagliate descrizioni delle vicende degli augusti, questi possono costituire comunque elementi funzionali per orientare qualsiasi lettore all’interno delle vicende narrate.
Entriamo nella stanza… I piani dell’autenticità
Oltre a questo, l’autrice costruisce una vicenda verosimile cercando di restituire la complessità del passato. A tale scopo il racconto si sviluppa su diversi livelli, in continuo dialogo tra loro. Vi è il piano delle vicende politiche e degli eventi storici, che ci consentono di seguire la progressione della carriera di Giovanni Zimisce e le campagne militari a cui partecipò, integrando questi dati con l’osservazione degli stati d’animo, aspettative e timori degli abitanti dell’epoca. Poi vi è un livello costruito sulla cultura materiale e sulla corporeità degli individui del passato e che è particolarmente evidente nei passaggi relativi alla proskynesis, ovvero la prostrazione – compiuta facendo toccare la fronte al suolo – che veniva riservata all’autorità imperiale. La proskynesis è presente in diversi passaggi, ad esempio quando per la prima volta Giovanni si avvicina all’augusto Romano Lecapeno (920-948). Qui, per altro, vengono introdotti altri due livelli, che sono quello del simbolismo e della cultura materiale del passato. La prima cosa che Giovanni vede del basileus è infatti il suo stivale: «il basileus è un paio di stivali di cuoio conciato e tinto di rosso, con cuciture d’oro e tracce di polvere e usura sulla punta». L’oro è la metafora assoluta della luce e il metallo era associato alle figure imperiali e sante. Basti ricordare, a titolo d’esempio, i mosaici di San Vitale, raffiguranti le corti di Giustiniano e di Teodora, oppure la miniatura[2] di Basilio II Bulgaroctono (976-1025). La materialità del passato si percepisce poi anche in altri passaggi, e viene costruita facendo attenzione agli oggetti e agli indumenti dell’epoca. Quando a Giovanni Zimisce, dopo la battaglia di Tarso e il ritorno nella terra natia, viene consegnato un carico di nomisma[3] l’autrice presta attenzione a descrivere il diritto e il rovescio delle monete, raffiguranti l’effige dell’imperatore e il Cristo Pantocratore. O ancora, quando viene annunciato un ospite misterioso che è arrivato a Cesarea da una lontana città, Giovanni si inchina d’istinto perché intravede la luce riflessa del tablion[4] e «tablion significa clamide, e clamide indica un rango così elevato che di rado si vede al di fuori della Città».
La terminologia è spesso tecnica ma l’autrice ha avuto la premura di inserire nelle pagine finali del libro un “piccolo dizionario bizantino”[5].
Mentalità e sistema di valori del passato
Se però i riferimenti agli eventi storici, come ai protocolli di corte e alla cultura materiale del passato, si possono rintracciare agevolmente in altre opere simili, ciò che rende affascinante Nella stanza dell’imperatore è il tentativo di raccontare la mentalità e il sistema di valori dell’epoca. Che cosa poteva provare un suddito nato ai confini dell’Impero quando per la prima volta si avvicinava a Costantinopoli? Nel caso di Giovanni, ansia e tensione, che (quasi) gli tolgono il sonno. Il passaggio che però, forse, restituisce più di tutti il tentativo di delineare la mentalità del passato è quello concernente una battaglia. O, meglio, i preparativi della battaglia. Nella fase iniziale del racconto Giovanni Zimisce e il parakoimomenos[6] Basilio Lecapeno decidono di affrontare in battaglia Saif ad-Dawla. Costui è un emiro arabo che, nella prima fase del romanzo, veste i panni di un vero e proprio villain. I suoi soldati compiono continue scorrerie all’interno dei territori imperiali e in una di queste viene ucciso Michele, un grande amico d’infanzia di Giovanni. Quest’ultimo e Basilio Lecapeno, poco prima della battaglia, sono protagonisti del seguente scambio:
«Perché li stiamo affrontando? Non possiamo sorprenderli adesso! Perché non lo abbiamo fatto prima, in qualche valico?», sussurra arrotolando le briglie intorno alla mano sinistra.
Perché non lo abbiamo fatto?
Dentro di sé, Zimisce sa che Basilio ha ragione: ogni trattato, ogni addestratore, ogni autore che abbia mai scritto di guerra insiste su un solo precetto – mai, mai, mai, affrontare il nemico a viso aperto. Mai correre il rischio.
Giovanni e Basilio mostrano dunque una certa titubanza nel dare battaglia all’emiro perché è un’impresa rischiosa. Un simile approccio si può riscontrare all’interno dello Strategikon, un manuale di arte militare attribuito all’imperatore Maurizio che è stato, poi, inserito all’interno delle Costituzioni Tattiche, o Taktika, del basileus Leone VI (886-912). Si tratta di un’opera che è quindi coeva di Giovanni Zimisce, nato all’incirca nel 924 (e morto nel 976). Tra i molti aspetti della guerra che lo Strategikon affronta, vi è quello della strategia, a cui è dedicato il Libro VII. Nei suoi primi paragrafi si può leggere:
La guerra è come la caccia. Come infatti la caccia avviene con le esplorazioni, con le trappole, gli appostamenti, gli inseguimenti, gli accerchiamenti e con altri stratagemmi del genere, piuttosto che con la forza, così bisogna comportarsi in guerra, a prescindere dal numero dai nemici. Sconfiggere il nemico esclusivamente in campo aperto e in un corpo a corpo, anche se può dare la sensazione di vincere, conduce ad un’impresa rischiosa e non esente da danni. A meno di casi di estrema necessità, è assurdo ottenere una vittoria a caro prezzo e che porta inutile gloria
Rifiutare lo scontro campale e indebolire il nemico con stratagemmi, questo consiglia lo Strategikon. A parlare, però, sembra che siano Giovanni e Basilio. Si potrebbero citare altri passaggi dello Strategikon, o di altre fonti dell’epoca o lievemente precedenti, ma questa è, forse, la sezione che più di tutte dimostra il tentativo condotto di restituire la mentalità degli individui del passato.
Una buona lettura?
Quindi, in conclusione, è consigliabile leggere Nella stanza dell’imperatore? A nostro avviso sì, e per diverse ragioni, ma soprattutto perché in esso l’autrice riesce a restituire la complessità del passato. Complessità data dalla molteplicità di livelli (eventi storici, protocollo di corte, cultura materiale e mentalità) che, interagendo tra loro, definiscono le società umane. Inoltre, per i curiosi di storia bizantina, l’autrice ha proposto una breve selezione di testi da integrare al suo romanzo, tra cui si possono trovare studi oramai classici – come la Storia dell’impero bizantino di Georg Ostrogorsky – oppure molto ricercati, come L’Épopée byzantine à la fin du dixième siècle di Gustave Schlumberger. Alcuni dei testi proposti possono risultare datati ma costituiscono certamente un valido punto di partenza per coloro che intendono avvicinarsi alla ricca e affascinante storia bizantina.
Note:
[1] Quando si farà riferimento ad un imperatore si segnaleranno solo gli anni di incoronazione e di morte;
[2] Presente all’interno di un Salterio conservato alla Biblioteca Nazionale Marciana di Venezia. Si veda: <https://www.storicang.it/a/basilio-ii-di-bisanzio-conquista-i-balcani_15691> [consultato il 13 febbraio 2024];
[3] Monete d’oro in uso nell’impero bizantino;
[4] Accessorio rettangolare apposto alla clamide;
[5] Definizione dell’autrice.
[6] Ovvero colui che dorme ai piedi del letto imperiale. Si trattava della più alta carica concessa agli eunuchi e consisteva nella protezione del letto imperiale.