Total War Troy: tra l’idolo delle origini e il fascino dell’epica

Foto tratta dal sito del gioco https://www.totalwar.com/games/troy/
di Andrea Oldani
“Total War: Troy”
(Creative Assembly, 2020)
Chi almeno una volta nella vita, leggendo l’Iliade, non è rimasto affascinato dal respiro epico dello scontro tra Achei e Troiani? All’inizio del XIX secolo il desiderio di essere gli scopritori dei palazzi di Priamo e Agamennone ha spinto numerosi studiosi a cimentarsi nella ricerca dei resti delle città menzionate dai poemi omerici. Tra la fine degli anni Novanta e gli anni Duemila, oltre a insigni accademici, anche registi di Hollywood e studiosi meno qualificati si sono confrontati con l’epica omerica; alcuni di loro hanno anche proposto teorie secondo le quali l’Iliade e l’Odissea non sarebbero ambientati tra le due sponde del Mar Egeo, bensì nella Penisola Scandinava[1] (e non si tratta di un sequel Marvel della saga di Thor!).
In tempi più recenti, invece, la Creative Assembly ha lanciato Total War: Troy, un gioco di Real time strategy che, nella sua versione base, permette di scegliere tra un eroe degli Achei (Achille, Odisseo, Menelao e Agamennone) o dei Troiani (Ettore, Paride, Enea e Sarpedonte). Il gioco, quindi, consente di guidare gli eserciti micenei e rivivere la presa di Troia oppure di riscrivere il mito, conducendo le armate teucre all’invasione dell’Ellade. Lo scopo è, ovviamente, la sconfitta dello schieramento avversario attraverso il raggiungimento di determinati obiettivi nella tipica forma della Quest Structure[2].
La verità dietro al mito
Total War Troy a mio avviso va alla ricerca della “verità dietro il mito”, rivolgendo maggiore attenzione all’autenticità storica per poi colmarne i vuoti attraverso l’inserimento di elementi epici in ottica borrowed authenticity[3].
Il gioco è stato sviluppato sul modello di Total War Three Kingdoms, ambientato nella Cina dei “Tre Regni” (220 – 280). È stato ripensato il sistema di economico, non ancora egemonizzato dalla moneta quale unico mezzo di scambio, ma basato sull’accumulo e sulla possibilità di scambiare oltre all’oro anche altre risorse quali legname, pietra e bronzo che danno la facoltà di costruire edifici o reclutare unità uniche. Non v’è traccia invece della schiavitù, elemento importante anche nell’economia antica; una lacuna ricorrente nella quasi totalità degli altri capitoli della saga Total War[4], colmata solo dall’opzione di rendere schiavi gli abitanti nel momento in cui si conquista un nuovo insediamento (che fine facciano poi questi schiavi non è dato saperlo).
Molto dettagliato l’aspetto diplomatico, tramite il quale si possono stringere una vasta tipologia di trattati.
La falange oplitica e gli eroi
Foto tratta da: https://www.facebook.com/HellenicArmors/photos/1567032103474875
Infine, in ottica Antiquarian[5], la Creative Assembly ha rinunciato all’immagine classica degli opliti greci, che combattevano spalla a spalla nella falange, sostituendola con quella di guerrieri che prediligono il duello individuale. Il loro equipaggiamento diverge rispetto ai canoni di Hollywood ed è una scelta interessante, poiché sembra suggerire una lieve tendenza a prediligere una maggiore accuratezza storica, a scapito dell’adesione agli stereotipi iconografici su cui è stato costruito l’immaginario collettivo dell’oplita greco. La ricerca dell’autenticità però sembra circoscriversi essenzialmente a questo. L’altro elemento che accomuna Troy con Three Kingdoms è legato alla possibilità di utilizzare l’eroe di partenza sul campo di battaglia per guidare le truppe e affrontare gli altri eroi in epici duelli. Accumulando esperienza e completando le missioni è possibile potenziare le sue abilità tramite l’apposito skillstree[6], che conferisce bonus sia nella campagna sia sul campo di battaglia (già qui troviamo un costante elemento di gamefication).
La religione
Uno degli elementi portanti di Total War Troy è la religione, ma non nella maniera della tradizione omerica. Gli dei infatti non interferiscono anche fisicamente nelle vicende umane, ma sono presenti preghiere e sacrifici (per fortuna non umani, come nel caso del sacrificio di Ifigenia compiuto da Agamennone[7]) attraverso le quali le divinità concedono al giocatore una sorta di “favore” (denominato Divine Will). Poseidone, Zeus, Era, Ares, Atena, Apollo e Afrodite sono, infatti, in grado di potenziare gli aspetti della vita civile o militare o, qualora il culto non sia costante, infliggere penalità al giocatore.
Uno degli aspetti che mi ha colpito maggiormente è il rapporto innovativo con il mito, che viene spogliato dagli elementi più “magici” e soprannaturali per provare un ambizioso accostamento con la storicità. Altri giochi che si sono cimentati sul tema, quali ad esempio Age of Mithology, God of War o Assassin’s Creed Odyssey, avevano interpretato in maniera abbastanza classica mostri e creature mitologiche. Total War Troy, invece, propone un approccio diverso, con i centauri che passano dall’essere creature per metà uomo e per metà cavallo a essere dei semplici cavalieri, ma gli unici in tutto gioco[8]; allo stesso modo, le arpie non sono più bestie dalle piume letali con il corpo di uccello e la testa di donna, bensì abili e letali schermagliatrici armate con giavellotti; e anche Ciclopi, Giganti e il Minotauro non sono altro che uomini massicci con indosso ossa di animali o elmi a forma di toro. Queste abilità belliche fuori dall’ordinario, secondo il team degli sviluppatori, avrebbero alimentato la fama di queste unità al punto da renderle con il tempo delle figure non comuni. La reputazione acquisita tra gli uomini, la presenza nei canti degli aedi e il terrore che instillavano nel cuore degli avversari avrebbero permesso a queste truppe di innalzarsi al ruolo di creature mitologiche. La volontà del team di sviluppatori sembra essere quindi dare un fondamento storico al mito, la cui origine sarebbe frutto di quella che Marc Bloch definiva “l’idolo delle origini”. Eppure alla Creative Assembly paiono ignorare quanto sia arduo arrivare a una simile conclusione con le poche fonti disponibili per l’epoca e senza un’analisi coerente sul concetto culturale-antropologico ed eziologico del mito stesso.
Il mito omerico interviene in maniera preponderante attorno alla figura di Elena, la donna contesa tra Paride e Menelao, il cui possesso è in grado di conferire bonus significativi alla corrispettiva fazione, e in generale attorno alle figure degli altri eroi giocabili attraverso delle apposite quest che li ricompensano con armi mitiche quali l’arco di Odisseo o l’armatura di Achille. In merito a quest’ultimo eroe va sottolineata l’assenza della figura di Patroclo, anche se non è da escludere che possa essere inserito ad hoc con un futuro contenuto aggiuntivo (DLC), assieme ad altri eroi del poema quali i due Aiace – d’Oileo e Telamonio – , Diomede, Idomeneo e Nestore per gli Achei o Pandaro e Glauco per i Troiani.
Infine, di recente è stato annunciato la release di un DLC che introdurrà un terzo schieramento tra Achei e Troiani: le Amazzoni! Questa fazione di donne guerriere, guidate dalla regina Ippolita, andrà a rompere il duopolio classico dell’epica omerica e funzionerà con i meccanismi dell’orda, ovvero di una fazione senza una starting location definita. Se la versione base, infatti, puntava alla ricerca quasi ossessiva dell’autenticità storica, andando alla ricerca delle origini del mito, il nuovo DLC, invece, introduce un elemento di Borrowed Authenticity nel tentativo di dare fondamento storico alle mitiche amazzoni.
In definitiva Total War Troy è un interessante tentativo di un videogame che si muove nella direzione di una maggiore accuratezza storica limitata agli aspetti economico-militari e in parte a quelli religiosi, che, però, sono penalizzati. Il pantheon di divinità proposto è quello greco classico e non quello miceneo, nel quale era assente ad esempio Apollo. Inoltre, è totalmente assente la figura del wanax il re-sacerdote che funge da intermediario con il mondo ultraterreno. La dimensione socio-culturale è fortemente sacrificata e non ci sono riferimenti alla stratificazione o all’organizzazione sociale, ridotta a una distinzione base tra guerrieri nobili e ceti lavoratori. Di fatto la guerra decennale che Omero narra nell’Iliade viene ridotta a una battaglia decisiva sotto le mura di Troia, con i giocatori che passano circa il 90% del tempo a sul resto della mappa per prepararsi a questo evento. Infine, la Creative Assembly, nonostante lo sforzo profuso per la ricerca di una maggiore autenticità storica, non riesce a resistere al fascino della mitologia per colmare i vuoti della storia. Laddove non ci sono precisi ancoraggi storici, l’elemento mitologico viene utilizzato come collante narrativo per conferire maggiore spessore agli eroi capi fazione. Proprio gli attributi associati ai corrispettivi eroi quali l’astuzia di Odisseo o Achille “pié veloce” vengono forzatamente interpretati dagli sviluppatori come un fattore di attendibilità storica.
Note:
[1] Il saggio “Omero nel Baltico, saggio sulla geografica omerica” dell’Ing. Nucleare Felice Vinci
[2] La necessità di conciliare da un lato giocabilità e dall’altra storicità e che nei videogames si concretizza in una tipica Quest Structure o nell’techtree delle tecnologie.
[3] Utilizzo del contesto storico per rendere plausibile qualcosa di fantastico.
[4] La prospettiva è quella dell’Historical Boundaries, ovvero la tendenza a distinguere tra elementi giocabili e non giocabili, poiché questi ultimi possono rimandare a tematiche etico-morali.
[5] La tendenza a rivendicare autenticità nelle strutture socio-economiche e nelle istituzioni politiche, religiose e militari
[6] https://en.wiktionary.org/wiki/skill_tree
[7] La flotta achea era bloccata dai venti contrati nel porto di Aulide e il sacerdote Calante disse ad Agamennone, capo della spedizione, che gli Dei si sarebbero placati solo con il sacrificio della sua figlia primogenita Ifigenia, la cui sorte è raccontata da Euripide nelle tragedie “Ifigenia in Aulide” e “Ifigenia in Tauride”.
[8] Per altro già visto nel film “Hercules il guerriero” con The Rock.