Un dettaglio minore

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di Eleonora Moronti

Un romanzo storico? Un romanzo storico a metà? Un romanzo sulla ricerca storica? Una fiction narrativa su un fatto storico le cui ombre si allungano nella contemporaneità? Ho pensato molto a come definire Un dettaglio minore di Adania Shibli edito nel 2021 da La nave di Teseo[1], senza riuscire a trovare una formula che mi sembrasse completamente esaustiva di tutte le sfumature che emergono, perché Un dettaglio minore è un racconto cangiante che contiene ognuna delle forme sopracitate, continuando ad evadere dalle definizioni stesse e a metterle alla prova.

La storia inizia nel 1949 nel deserto del Negev e si incarna nella voce di un soldato israeliano facente parte di un plotone che aggredisce e uccide un gruppo di beduini per poi catturare, seviziare, violentare e infine assassinare l’unica sopravvissuta al massacro: una giovane ragazza. Il crimine viene seppellito col corpo dell’adolescente per poi riemergere, molti anni dopo, in un articolo su un giornale israeliano. Qui un particolare – una data – attira l’attenzione di una giornalista e ricercatrice palestinese di Ramallah: 13 agosto, che per una curiosa quanto angosciante coincidenza, è il giorno dell’omicidio della ragazza (1949) e quello della nascita della giornalista (1974).

Questa coincidenza che tiene insieme vita e morte è all’origine dell’interesse della protagonista per la vicenda e si trasforma nella spinta all’indagine. Mantenendo il congegno della storia in perfetto equilibrio narrativo, Shibli riesce a governare lo spostamento prospettico da un punto di vista israeliano ad un punto di vista palestinese, con un linguaggio essenziale e scarno, a tratti apparentemente asettico, che non insegue però un’astratta neutralità ma che al contrario è efficacissimo, coi suoi rimandi e i suoi specchi, nel rendere la ferocia del trauma e delle relative ripercussioni generazionali.

In un viaggio che diventa emblematico degli ostacoli quotidiani della popolazione palestinese alle prese con le limitazioni dell’assetto a zone[2], la giornalista tenta di aprirsi un varco negli archivi storici e museali dell’esercito israeliano e poi nell’archivio dell’insediamento di Nirim, vicino Rafah, alla ricerca di quante più informazioni possibili per restituire ad un episodio considerato laterale la sua connessione con il macro-evento della Nakba, il drammatico esodo forzato palestinese di 700.000 individui, causato dalla guerra civile nella Palestina Mandataria (1947-1948) e dal successivo conflitto arabo-israeliano (1948).

Questo avvicina il percorso narrativo all’orientamento metodologico della microstoria che sulla proprietà dei dettagli cosiddetti “minori” di far germinare contenuti e significati storici fonda la sua tradizione di ricerca. Le corrispondenze tra l’approccio narrativo del romanzo e l’approccio microstorico, evidenti sin dal titolo e osservate in diverse occasioni dalla stessa Shibli[3], interrogano il lettore sulla natura e sulla funzione di quei particolari che si presentano come virgole inattese in un discorso senza pause, macchie d’inchiostro sulle pagine della macrostoria che catturano l’attenzione con la loro difformità e che se correttamente analizzate sono indicatori importanti della necessità di approfondire, di integrare e di riconsegnare gli eventi alla collettività, senza sacrificare la complessità delle prospettive.

Come la protagonista del romanzo inciampa nella coincidenza della data significativa, così le pretese di semplificazione inciampano nel conflitto di memorie, nei condizionamenti politici e nelle lacune generate dalla violenza stratificata e dall’uso improprio della fonte quale strumento di controllo e non di conoscenza, della narrazione come dominio e non come condivisione. Per questo il romanzo doloroso e potente di Shibli si può leggere anche come un invito a farsi domande sui processi di costruzione del discorso storico, anche e soprattutto quando questo implica il mancato ascolto delle voci degli espropriati, ricordando che la storia per avere un senso e un valore non può generare acquiescenza ma sensibilità acuta e spirito critico vigile, quali condizioni irrinunciabili per affrontare il presente.

 


Note:

[1] Adania Shibli, Un dettaglio minore (ed. or. Tafṣīl thānawi, 2017), trad. it. Monica Ruocco, La Nave di Teseo, Milano, 2021.

[2] La suddivisione delle zone occupate in tre diverse aree di controllo (Zona A, B,C) è stata stabilita dagli Accordi di Oslo tra il governo israeliano e l’Organizzazione per la liberazione della Palestina nel 1993.

[3] Shibli ha commenta i punti di contatto con la microstoria e in particolare con l’opera di Carlo Ginzburg in diverse occasioni. Si vedano, ad esempio, l’intervista a L’Espresso (2021) ( https://lespresso.it/c/idee/2021/4/15/adania-shibli-o-larte-di-raccontare-il-dettaglio-che-cambia-la-storia/20490) o l’intervento nel podcast dello scrittore David Naimon Between the Covers (2021) (https://open.spotify.com/episode/1BxiLGdsAUcBJp7F9RpIRX), di cui è disponibile anche una trascrizione su Tin House (https://tinhouse.com/transcript/between-the-covers-adania-shibli-interview/ ).