Vita e destino (1a parte)

#popreview, romanzo

Vasilij Grossman. Di Sconosciutohttp://waralbum.ru/121870/ (Russian compilation of 2WW photos, mostly anonymous), Gemeinfrei, Link

di Antonio Prampolini

“Vita e destino”
(1980,di Vasilij Grossman)

Il romanzo 

Vita e destino” (titolo originale “Žizn’i sud’ba”) è il capolavoro dello scrittore ebreo sovietico Vasilij Grossman (1905–1964)[1]. Ultimato nel 1960, dopo una lunga elaborazione durata quasi dieci anni, sequestrato a Mosca nel 1961 dal KGB, il romanzo viene pubblicato postumo nel 1980 da una piccola casa editrice svizzera, L’Âge d’Homme di Vladimir Dimitrijević[2], a cui era pervenuta clandestinamente una copia conservata in segreto da alcuni amici dello scrittore. A quella prima edizione in russo ne seguiranno altre in diverse lingue.[3] La Jaca Book pubblica nel 1984 il romanzo di Grossman in italiano e Adelphi ne propone, nel 2008, una nuova traduzione a cura di Claudia Zonghetti (a questa edizione si fa qui riferimento nel testo e nelle note).[4]

Grossman dedica il romanzo alla madre Ekaterina Savel’evna Grossman, uccisa nel 1941 dai nazisti insieme agli altri ebrei di Berdičev, in Ucraina[5]. Il romanzo, che ha come centro narrativo la Battaglia di Stalingrado (che Grossman aveva vissuto in prima persona come corrispondente di guerra al seguito dell’Armata Rossa), raccontata attraverso i soldati che l’avevano combattuta e i civili che l’avevano subita, e, come personaggi principali o di riferimento, i membri di una famiglia (la famiglia  Šapošnikov)[6], si articola in tre “libri” senza titolo; così come sono privi di titolo i capitoli (i quadri narrativi) che compongono il testo, individuati da una semplice numerazione progressiva.

Vita e destino”, un titolo breve e lapidario per un romanzo storico di oltre settecento pagine (750 nell’edizione italiana di Adelphi) che comprende numerosi personaggi, luoghi ed eventi, proposti al lettore con una narrazione non lineare in cui non è sempre facile orientarsi. Un intreccio variegato di storie di uomini e di donne, l’affresco di un’umanità alle prese con le grandi tragedie del Novecento: la guerra moderna (il secondo conflitto mondiale), l’oppressione violenta e i genocidi di massa dei regimi totalitari e illiberali della prima metà del secolo (il nazismo e lo stalinismo).

Il titolo del romanzo, “Vita e destino”, racchiude in estrema sintesi la visione del mondo di Grossman. La “vita” nel suo fluire quotidiano, in tutte le sue forme e aspetti, ha un insopprimibile bisogno di libertà, senza la quale non vale la pena di essere vissuta. La “vita” si confronta e si scontra continuamente con il “destino”, ovvero con «le forze maestose e disumane» che dominano il mondo e la storia, contro le quali gli uomini sono chiamati ad una lotta “eroica”, e allo stesso tempo “umile”, per affermare le ragioni della libertà, individuale e collettiva, per praticare la solidarietà verso gli altri (quella che Grossman chiama «bontà illogica»).[7]

Vasilij Grossman è uno scrittore ebreo sovietico che, nei primi trentacinque anni della sua vita (è nato nel 1905), crede fermamente negli ideali della rivoluzione bolscevica e si sente impegnato come intellettuale nell’edificazione della società comunista sotto la guida di Stalin. Saranno, invece, l’esperienza della guerra (con le sue enormi perdite di vite umane, sacrifici del popolo e speranze tradite in un futuro migliore), la scoperta della tragedia della Shoah (il campo di sterminio di Treblinka, le fosse comuni degli ebrei ucraini)[8], la spietata politica antiebraica e illiberale seguita da Stalin nell’immediato dopoguerra a portare gradualmente Grossman, negli ultimi anni della sua vita, verso posizioni sempre più critiche nei confronti dello Stato sovietico, ad una esplicita condanna della dittatura stalinista e dei suoi crimini, ad una riscoperta delle proprie radici ebraiche.

La tesi di fondo di “Vita e destino” è che i due grandi totalitarismi del Novecento, il nazismo e il comunismo sovietico, personificati da Hitler e da Stalin, erano, pur con le loro specificità e incontestabili differenze nella loro storia, essenzialmente identici, e costituivano due mondi speculari basati sulla negazione delle libertà individuali, sulla pratica della violenza e sull’esercizio del potere in nome della supremazia di una ideologia astratta (razzista o classista) e di un apparato burocratico, pervasivo e onnipotente, a cui era affidata la sua realizzazione. Secondo Grossman, i sistemi concentrazionari (i lager nazisti e i gulag staliniani[9]) finalizzati allo sfruttamento del lavoro coatto e all’eliminazione fisica degli oppositori (reali, presunti o potenziali) erano la prova concreta ed evidente della sostanziale affinità dei due “totalitarismi gemelli”. Tesi, questa, che non poteva essere in alcun modo accettata dal regime sovietico, anche dopo la morte di Stalin (1953), negli anni di Krusciov al potere (1953-1964), e che spiega il netto rifiuto delle autorità alla pubblicazione del romanzo, il suo sequestro da parte del KGB e la conseguente emarginazione di Grossman, nonostante la popolarità delle sue opere precedenti. Ed è, forse, per questa popolarità che non viene “arrestato” lo scrittore ma il suo romanzo. Con Stalin vivo, Grossman sarebbe stato fucilato o recluso in un gulag per il resto dei suoi giorni.

Numerose sono le vicende (umane e storiche) e le tematiche (politiche, esistenziali, filosofiche) affrontate da Grossman in “Vita e destino”, che fanno di questo grande romanzo corale una “enciclopedia del secolo breve”. Vicende e tematiche che, negli ultimi anni, sono state oggetto di riflessione da parte di diversi studiosi.[10] Sulla tragedia dei campi di concentramento, di lavoro coatto, di sterminio Grossman scrive pagine straordinarie per la loro qualità letteraria, profondità di analisi e partecipazione umana, che meritano di essere riproposte come se nel romanzo costituissero un racconto a se stante. La scheda di lettura di “Vita e destino” che segue è, perciò, dedicata al racconto dei lager nazisti e dei gulag staliniani, con la citazione di brani tratti dalle pagine del romanzo.

— Fine prima parte —

 


Note

[1] Per informazioni biografiche sull’autore: la sezione del sito del Centro Studi Vasilij Grossman dedicata alla vita dello scrittore <http://grossmanweb.eu/vasily-grossman/biografia/>; la voce “Grossman, Vasili Semenovich” nella Encyclopedia of Soviet Writers, <http://www.sovlit.net/bios/grossman.html>; John e Carol Garrard, (trad. it.) Le ossa di Berdičev. La vita e il destino di Vasilij Grossman, Genova, Casa Editrice Marietti, 2009 [ed. or. 1996].

[2] Vasilij Grossman, Žizn’i sud’ba, Lausanne, Éditions L’Âge d’Homme, 1980. Sulla storia della casa editrice L’Âge d’Homme si rinvia alla voce di Wikipedia in lingua francese: <https://fr.wikipedia.org/wiki/%C3%89ditions_L%27%C3%82ge_d%27Homme>. Sul sequestro del romanzo, sul suo “salvataggio” e trasferimento in Occidente: John e Carol Garrard, Le ossa di Berdičev. La vita e il destino di Vasilij Grossman, cit., in particolare il cap. 9, Lazzaro, pp. 403-445.

[3] Tra le varie edizioni del romanzo negli anni ottanta, oltre a quella in lingua italiana, segnaliamo: Vassili Grossman, Vie et destin, Lausanne, Éditions L’Âge d’Homme, 1983; Vasilij Grosman, Leben und Schicksal, München, Knaus, 1984; Vasily Grossman,  Life and Fate, translated by Robert Chandler, New York, Harper & Row, 1985. In Russia, il romanzo viene pubblicato per la prima volta nel 1988 (ventisette anni dopo il sequestro del KGB): Vasilij Grossman, Žizn’i sud’ba, Moskva, Kniznaja palata, 1988.

[4] Vasilij Grossman, Vita e destino, traduzione dal russo di Cristina Bongiorno, Milano, Jaca Book, 1984; Vasilij Grossman, Vita e destino, traduzione dal russo di Claudia Zonghetti, Milano, Adelphi, 2008.Sulla traduzione del romanzo è di grande interesse l’intervista a Claudia Zonghetti pubblicata dalla rivista «Tradurre», n. 1 (autunno 2011): <http://rivistatradurre.it/2011/11/alto-artigianato-un-servizio-necessario/>.

[5] Sull’eccidio degli ebrei ucraini a Berdičev e sulla sua influenza su Grossman: John e Carol Garrard, Le ossa di Berdičev. La vita e il destino di Vasilij Grossman, cit., in particolare il prologo, Berdičev: inizia la Shoah, pp. 27-61.

[6] Sulla famiglia Šapošnikov e la sua cerchia nel romanzo “Vita e destino”: <http://grossmanweb.eu/wp-content/uploads/2017/01/VeD_Personaggi.pdf>. I componenti della famiglia Šapošnikov erano già stati introdotti da Grossman nella prima parte del grande racconto della Battaglia di Stalingrado pubblicato nel 1952 con il titolo di “Za pravoe delo” (Per una giusta causa).

[7] Per un approfondimento dei concetti di “vita” e di “destino” in Grossman e sulla sua visione del mondo e della storia, si rinvia ai diversi saggi che fanno parte di due volumi collettanei:  Giovanni Maddalena e Pietro Tosco (a cura di), Il romanzo della libertà, Soveria Mannelli, Rubbettino Editore, 2007; Pietro Tosco (a cura di), L’umano nell’uomo, Soveria Mannelli, Rubbettino Editore, 2011.

[8] Grossman aveva ricostruito in un “Libro nero” (Vasilij Grossman e Il’ja Erenburg, (trad. it.) Il libro nero. Il genocidio nazista nei territori sovietici, 1941-1945, Milano, Mondadori, 1999) le atrocità naziste contro gli ebrei nei territori occupati dell’Unione Sovietica. Sulla terribile realtà dei lager nazisti, Grossman aveva scritto il saggio “Treblinskij ad” (L’inferno di Treblinka) che verrà utilizzato al Processo di Norimberga come documentazione dei crimini commessi dai nazisti durante la seconda guerra mondiale.

[9] Il termine “gulag” viene qui utilizzato con il significato, oggi corrente, di campo di concentramento o di lavoro forzato nella Russia sovietica di Stalin. In realtà, “Gulag” è la sigla di Glavnoe upravlenie (ispravitel’no-trudovych) lagerej, «Direzione generale dei campi (di lavoro correttivi)» e designa un’organizzazione, un sistema piuttosto che un luogo fisico. Il termine “gulag”si è ampiamente diffuso in Occidente dopo la pubblicazione nel 1973 del romanzo Arcipelago Gulag, 1918-1956 di Aleksandr Solženicyn (<https://www.britannica.com/place/Gulag>). In “Vita e destino” Grossman non usa il termine “gulag” per indicare i campi di prigionia e di lavoro coatto nella Russia di Stalin; li chiama semplicemente “lager” come quelli nazisti. Per evitare equivoci, nei brani estratti dal romanzo, i  “lager” sono stati chiamati “gulag”.

[10] Per una bibliografia degli studi su Vasilij Grossman e la sua produzione letteraria: <http://dc.grossmanweb.eu/CDGROSS/wef_espl.asp?idF=10>.