Non c’è due senza tre …e #AIPH2019 vien da sé!

Parafrasando il celebre proverbio, anche quest’anno PopHistory è sbarcata alla conferenza nazionale di public history (la terza appunto) che si è svolta a Santa Maria Capua Vetere e a Caserta dal 24 al 28 giugno. Per usare il gergo legato a un prossimo anniversario possiamo dire che è stato un piccolo passo per la nostra associazione ma un grande passo per consolidare le reti della Public History.

L’evento, organizzato come sempre dall’Associazione Italiana di Public History (AIPH), in collaborazione con prestigiose istituzioni, società e associazioni, tra cui la nostra, è stato ospitato dall’Università della Campania “Luigi Vanvitelli” il cui logo era riportato nel titolo stesso della conferenza: “In:Vito alla Storia”.

Com’è andata? Bene? Benissimo? Voto: Diesci?

Per dare i numeri: sessantacinque panel, cinque tavole rotonde, venti poster in esposizione e uno speed networking (organizzato da PopHistory in collaborazione con il servizio Placement dell’Università) durante il quale i partecipanti al convegno hanno incontrato professionisti della public history, più di duecento relatori, tra docenti di scuola e università, storici indipendenti, ricercatori, giornalisti e operatori della cultura provenienti da tutta Italia e dall’estero. Pochi purtroppo gli eventi extra-accademici, anzi nessuno se si escludono le visite organizzate al Museo archeologico dell’antica Capua e alla Reggia di Caserta.

E PopHistory in tutto questo è stata presente? Come il prezzemolo!

Sempre per dare i numeri: un poster presentato, due panel coorganizzati (insieme all’Istituto nazionale Ferruccio Parri), altri due in cui i nostri soci hanno portato esperienze e relazioni, due tavoli dello speednetworking gestiti e un’intervista a RaiCultura effettuata… Se fossimo stati ad una festa, ne saremmo stati sicuramente l’anima! Senza contare l’apporto dei nostri amici, nonché soci, di Pinte di Storia (www.pintedistoria.it) che inclusi nel conto ci portano a dire che, come ogni anno, abbiamo fatto la differenza! Ma entriamo nel merito delle attività.

POSTER SESSION

Questo momento prevedeva per la prima volta un premio da assegnare al miglior progetto. La nostra proposta ha riguardato uno dei lavori più consistenti tra quelli realizzati finora, ovvero il portale/database “Pietre nella rete” (www.pietrenellarete.it). Un progetto di memoriale virtuale per i caduti della Prima guerra mondiale, che grazie al digitale ha l’obiettivo di preservare dall’oblio del decadimento fisico dei monumenti sia i nomi che le effigi stesse delle architetture commemorative.

A fare da ponte tra più professioni e linguaggi, i disegni realizzati dal writer Nazli Youness, le musiche eseguite dal Centro studi Musica e Grande guerra e i percorsi narrativi costruiti intorno alle biografie. Nel contest i bookmakers non ci davano favoriti e il pronostico è stato rispettato, ma abbiamo ricevuto apprezzamenti pressoché unanimi per il lavoro svolto e anche qualche spunto interessante per proseguire il lavoro.

PANEL

Ricchi di domande e di spunti sono stati entrambi i panel che abbiamo organizzato e tenuto, uno di seguito all’altro, giovedì 27 giugno nella giornata di trasferta casertana della conferenza (che per il resto invece si è svolta a Santa Maria Capua Vetere).

In Giocare la storia in città: divulgazione, apprendimento e riappropriazione del territorio attraverso gli urban games abbiamo cercato analizzare le potenzialità del gioco come strumento per narrare la storia, più potente ed efficace di cinema e letteratura perché “attivo”, e conseguentemente più immersivo e coinvolgente. Nella fattispecie abbiamo esaminato una particolare tipologia di gioco, ovvero gli urban games. I nostri soci Silvia Lotti e Igor Pizzirusso hanno perciò descritto e analizzato le due esperienze in materia griffate PopHistory, ovvero Echi resistenti e Milano45, ma solo dopo le fondamentali premesse di Gabriele Sorrentino e Giorgio Uberti, che hanno abilmente sintetizzato il tema dei giochi storici e dei giochi urbani.

In Digital è public? Dinamiche e opportunità dello spazio virtuale attraverso l’analisi di alcune banche dati ci siamo invece concentrati su un concetto più consolidato nel dibattito internazionale, ma che invece fatica ancora a imporsi a livello nazionale. Analizzando e confrontando alcuni strumenti digitali, i nostri soci Igor Pizzirusso e Giorgio Uberti (insieme a Marcella Burderi) hanno tratteggiato alcune importanti linee di demarcazione per distinguere tra digital history e digital public history, che non sono assolutamente la stessa cosa, nonostante le indubbie e frequenti intersezioni. Un concetto che può essere sintetizzato dalla citazione “Andare in chiesa non fa di nessuno un Cristiano, più di quanto andare in garage non faccia di lui un’automobile”. Ovvero: non è lo spazio in cui un soggetto è inserito a qualificarlo, ma il modo in cui questo soggetto interagisce con esso.

Eleonora Moronti e Matteo Di Legge hanno poi preso parte al panel La storia nelle serie tv: l’immaginario e gli storici coordinato da Giancarlo Poidomani. I nostri soci hanno analizzato le serie Peaky Blinders, Las Chicas del Cable, Rebellion, Mister Sunshine, Trotsky e The Crown. Le prime quattro riguardano la rappresentazione di microstorie e marginalità, le ultime due si concentrano invece sulla trasposizione di grandi biografie storiche del ‘900. L’analisi nel complesso si è inscritta nel percorso del panel dedicato alle potenzialità della serie tv come strumenti di public history.

A chiudere letteralmente la conferenza, Silvia Lotti ha esaminato il progetto ReaGenti alla RiScossa nel panel La memoria delle catastrofi naturali. Il racconto delle esperienze e la loro divulgazione coordinato da Gabriella Gribaudi. Parlare della videoinstallazione a cura del Centro di Documentazione Sisma 2012 – predisposta a Mirandola (Mo) nel giugno 2018 – è stata un’occasione per ribadire quanto sia importante la digital public history per la costruzione di una memoria collettiva e permanente laddove quella fisica venga meno a causa delle catastrofi naturali, come quella del recente terremoto in Emilia-Romagna.

AIPH2020 – Ma PopHistory non si è certo fermata qui! Siamo stati infatti i primi a raccogliere la notizia sulla sede e sulle modalità con cui è stata pensata la conferenza del prossimo anno, con un’intervista in esclusiva al curatore di M9 Livio Karrer:

 

Visto che non c’è due senza tre, ma è anche vero che il quattro vien da sé, il nostro viaggio proseguirà a Mestre, #AIPH2020, per raccontarvi e ragionare ancora insieme sui nostri progetti e sulle nostre attività. Se volete conoscerle in anteprima dovete seguirci o, perché no, partecipare direttamente! Perché la finalità più profonda e più autentica della Public History è proprio quella di diventare tutti protagonisti della Storia attraverso la condivisione di idee e prospettive!

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