10 luoghi per raccontare l’Unità d’Italia, nel giorno dei suoi 160 anni

Per i 160 anni dell’Unità d’Italia, PopHistory propone un percorso lungo la penisola per raccontare 10 luoghi simbolici del Risorgimento e del processo unitario.

Tomba di Alessandro Manzoni al Famedio
By Marco – Alessandro Manzoni, CC BY 2.0, Link
1. Famedio del Cimitero monumentale, Milano
di Giorgio Uberti
Il Cimitero Monumentale doveva essere il primo cimitero milanese gestito dalla municipalità e non dall’autorità ecclesiastica.
Il secondo concorso per un progetto (il primo, del 1838, non ha avuto vincitori) è indetto nel 1863 e viene vinto dall’architetto Carlo Maciachini (1818-1899).
Inaugurato il 2 novembre 1866, il simbolo di questa nuova città nella città è rappresentato dall’imponente Famedio, neologismo che unisce due parole latine fama e aedes (tempio della fama). Non una chiesa (anche se lo fu per i primi anni), ma un memoriale per celebrare i protagonisti della neonata nazione italiana e, a partire dal 1870, un luogo di sepoltura per la borghesia post-risorgimentale milanese. Sulle pareti sono scolpiti i nomi e i busti di alcuni grandi del passato, da Sant’Ambrogio a Camillo Cavour; al centro della scena si erge il sarcofago di Alessandro Manzoni.

Le truppe francesi della Guardia a Ponte Nuovo di Magenta.
Dipinto di Eugène Charpentier
2. Un percorso tra le strade di Magenta
di Andrea Oldani
La città lombarda di Magenta reca ancora le vestigia della battaglia che vide fronteggiarsi le truppe franco-piemontesi e quelle austriache il 4 giugno 1859. A Ponte Vecchio e Ponte Nuovo, alle porte della città, è possibile imbattersi in un paio di lapidi che ricordano la vecchia dogana austriaca e il sacrificio dei soldati francesi che sferrarono il primo attacco. Proseguendo in linea retta da Ponte Nuovo verso la stazione ci si imbatte in un grazioso parco al cui centro svetta l’Ossario dei Caduti, un monumento a base piramidale realizzato dall’architetto Giovanni Brocca e inaugurato il 4 giugno 1872. Questo ideale percorso termina dinanzi a Casa Giacobbe, una villa che per la sua posizione strategica era uno dei principali baluardi del sistema di difesa austriaco, che reca ancora sulla facciata i fori lasciati dalle armi da fuoco dei combattenti.

Festeggiamenti in piazza San Magno a Legnano per i 700 anni dalla battaglia (29 maggio 1876).
3. Monumento della battaglia di Legnano
di Edoardo Furiesi
Il monumento della battaglia di Legnano viene inaugurato nella città lombarda il 29 maggio 1876. In esso sono rappresentate le quattro principali scene dell’epopea lombarda: la ricostruzione di Milano, il giuramento di Pontida, la battaglia di Legnano e la pace di Costanza, ovvero quegli eventi che, secondo le parole espresse dall’esule Giovanni Berchet in Le fantasie (1829), costituivano “l’epoca più bella, più gloriosa della storia italiana”. Il mito della Lega Lombarda è dunque idealmente connesso alle battaglie risorgimentali. Un nesso che vede il proprio apogeo con la Prima guerra d’indipendenza, quando l’intera Italia pare identificarsi con la lotta dei comuni lombardi contro l’invasore straniero (in quel caso Federico Barbarossa). L’esaltazione del mito della Lega Lombarda non viene però sostenuto dalla casa regnante dei Savoia che, non interessati ad alimentare la memoria delle guerre federiciane sia per non offendere i nuovi alleati prussiani che per la contraddizione esistente con il centralismo del nascente e futuro Stato italiano, decidono di non sostenere le manifestazioni per il centenario della battaglia di Legnano del 1876.

Carlo Alberto al Gravellone.
Di Palladino Neil – Opera propria, CC BY-SA 3.0, Collegamento
4. Ex dogana e confine del Gravellone, Pavia
di Fabio Fossati
Tra il 1815 al 1859 Pavia è sotto il giogo austriaco. Ai tempi, secondo la divisione territoriale, la città si trova sul confine tra l’Impero asburgico e il Regno di Sardegna. A identificare il confine fisico tra i due Stati è il Ticino, in particolare un suo ramo, il Canale Gravellone, che divide Pavia austriaca dal piccolo borgo di San Martino Siccomario, in Piemonte.
Il 29 marzo 1848 il re Carlo Alberto di Savoia giunge al Gravellone, consegna le bandiere tricolori alla popolazione di San Martino Siccomario, passa un ponte di barche ed entra a Pavia, già lasciata dagli austriaci, iniziando così la Prima guerra d’Indipendenza.
A ricordare oggi l’antico confine c’è l’edificio della ex dogana, che tuttavia si fa fatica a riconoscere, anche perché non esiste alcuna segnaletica a indicarlo. La costruzione si trova in località Rotta di San Martino: una casa in mattoni rossi a vista tra le altre case moderne. Sul muro destro della costruzione si possono tutt’ora notare le aquile bicefali, effigi imperiali austriache.

La statua equeste a Manfredo Fanti, a Carpi
Foto tratta dal sito PAT-ER, patrimonio culturale dell’Emilia-Romagna https://bbcc.ibc.regione.emilia-romagna.it/pater/loadcard.do?id_card=170065
5. Monumento equestre a Manfredo Fanti, Carpi
di Giulia Dodi
Fino al 1939 il monumento equestre dedicato a Manfredo Fanti faceva bella mostra di sé al centro della piazza di Carpi (Modena): un omaggio della sua città natale inaugurato nel 1903 e poi spostato in un vicino parco cittadino, dove tutt’ora si trova, quando diviene un impedimento alle manifestazioni di piazza del regime fascista.
La nuova collocazione non ha però scalfito la memoria del generale Fanti e del suo contributo all’unificazione italiana: dopo essersi distinto nei moti guidati da Ciro Menotti nel 1831, il generale prese parte sia alla Prima che alla Seconda guerra d’indipendenza, e ricoprì il ruolo di Ministro della guerra del neonato Regno d’Italia, occupandosi anche della riorganizzazione dell’esercito.

Monumento a Ciro Menotti, a Modena.
Di Archivio fotografico del Museo Civico di Modena – Archivio fotografico del Museo Civico di Modena, CC BY-SA 3.0, Collegamento
6. Monumento a Giuseppe Ricci, Modena
di Gabriele Sorrentino
Tra i principali monumenti risorgimentali presenti a Modena spicca quello eretto nel 1879 e dedicato a Ciro Menotti e ai promotori della libertà d’Italia in quella che oggi è Piazza Roma. Sul basamento del monumento sono raffigurati quattro volti. Tre appartengono a indiscussi eroi del Risorgimento: Don Giuseppe Andreoli, Anacarsi Nardi e Vincenzo Borelli. Il quarto personaggio è Giuseppe Ricci, una figura che presenta invece molti problemi e che non a caso volge le spalle al Palazzo Ducale. Giuseppe Ricci era infatti un fedelissimo del Duca di Modena, Francesco IV d’Austria-Este, accusato da due “pentiti” di essere l’ispiratore di una congiura per uccidere il Duca e per questo fucilato il 19 luglio 1832 alla Cittadella. Dopo l’unificazione tuttavia, la Corte di Appello di Modena stabilì che le accuse a suo carico erano del tutto infondate. In questo senso, il monumento di Piazza Roma racchiude tutte le contraddizioni ancora irrisolte del Risorgimento italiano.

Enrico Cialdini
7. Statua di Enrico Cialdini, Modena
di Gabriele Sorrentino
Nel grazioso borgo di Castelvetro a Modena, in fondo a via Torquato Tasso, sorge una statua di Enrico Cialdini, nato proprio nel borgo modenese. Generale di armata durante la conquista piemontese del Regno delle Due Sicilie, Cialdini partecipa anche all’Assedio di Ancona del 1860; nel 1861 diviene Luogotenente del Regno con poteri speciali contro il Brigantaggio. In questa veste, è protagonista di una dura repressione che porta ad arresti in massa, esecuzioni sommarie, fino agli eccidi di Casalduni e Pontelandolfo, nell’agosto 1861. Questo personaggio storico controverso è stato vittima prima di altri di una dura opera di revisione, con la cancellazione di molte vie e piazze in suo onore da diverse città, tra cui spicca la damnatio memoriae di Napoli nel 2017 e la decisione del Comune di Lamezia Terme di intitolare via Cialdini ad Angelina Romano, la bambina di 9 anni uccisa proprio dalla repressione dell’esercito piemontese comandato da Cialdini.

Statua di Dante in piazza Santa Croce, Firenze.
Di Yair Haklai – Opera propria, CC BY-SA 2.5, Collegamento
8. Statua di Dante a Piazza S. Croce, Firenze
di Matteo Di Legge
Il 14 maggio 1865, alla presenza di Vittorio Emanuele II, re d’Italia da appena cinque anni e in una Firenze capitale del Regno, viene inaugurata in piazza Santa Croce una grande e austera statua di Dante Alighieri, posta lì per celebrare i seicento anni dalla nascita del poeta. Si può tranquillamente affermare che le celebrazioni dantesche del 1865 a Firenze sono la prima grande festa nazionale del Regno; Dante Alighieri, padre e unificatore della lingua e dunque, idealmente, della nazione italiana, diventa riferimento simbolico delle aspirazioni civili e identitarie risorgimentali, ancora vivide nella neonata memoria nazionale.

Il Vittoriano visto da Palazzo Venezia.
Di Sergio D’Afflitto, CC BY-SA 4.0, Collegamento
9. Vittoriano, Roma
di Giovanni Cerro
Sul finire dell’Ottocento, la città di Roma, che dal 1871 è stata designata come la capitale del Regno d’Italia, è al centro di un profondo processo di rinnovamento urbanistico. È in questo processo che va collocata anche l’edificazione del Vittoriano, pensato per onorare la memoria di Vittorio Emanuele II, il sovrano sotto il quale si era realizzata l’Unità del paese. Iniziato nel 1885, il monumento fu inaugurato il 4 giugno 1911 per il cinquantenario dell’Unità e dal 4 novembre 1921 ospita la salma del Milite ignoto.
Qualche piccola curiosità. Lo sapevate che per costruire il Vittoriano furono indetti ben due concorsi, il primo dei quali fu vinto da un architetto francese, che però non vide mai eseguito il suo progetto? Che, durante gli imponenti lavori di scavo, fu rinvenuto lo scheletro di un mammut? E che, prima della chiusura della statua equestre del re, le maestranze vi pranzarono all’interno?

Palermo, chiesa conventuale di Santa Maria degli Angeli, detta “La Gancia”.
Di CarlesVA – Opera propria, CC BY-SA 3.0, Collegamento
10. Convento della Gancia, Palermo
di Igor Pizzirusso
Un mese prima della partenza di Garibaldi e dei suoi Mille da Quarto, la Sicilia è già teatro di moti insurrezionali contro il potere borbonico. Il 3 aprile 1860 ha inizio la cosiddetta Rivolta della Gancia, dal nome del convento situato nel centro di Palermo che fa da centro operativo della sommossa.
Dopo essersi introdotti nottetempo nell’edificio religioso, circa 60 cittadini danno inizio alla rivolta al rintocco della campana delle 5 del mattino. Le forze dell’ordine palermitane reagiscono prontamente, irrompono nel convento e uccidono 20 rivoltosi. Anche il loro capo Francesco Riso viene ferito mortalmente. Altri 13 vengono invece arrestati e fucilati senza processo il 14 aprile 1860, come monito per evitare altri episodi analoghi.