SPECIALE GIAPPONE #3: Hiroshima

di Andrea Oldani

La mattina seguente ci alziamo presto e, dopo aver fatto il check out, lasciamo la valigia da stiva in hotel poiché verrà spedita direttamente all’hotel di Tokyo di modo da non avere l’ingombro durante il viaggio sullo shinkansen. È un servizio che consigliamo a tutti perché preciso e puntuale. Durante il viaggio con lo shinkansen, infatti, non è consentito portare grossi bagagli e per un paio di giorni ci muoveremo con il trolley a mano. A causa del terremoto che era avvenuto nell’isola meridionale di Kyushu qualche ora prima del nostro arrivo in Giappone, l’agenzia e la tour leader hanno modificato l’itinerario di Hiroshima. Al posto di visitare l’isola di Miyajima, con il santuario di Itsukushima, il Tori rosso nell’acqua e la salita al monte Misen anticiperemo il nostro arrivo a Tokyo. Dalla stazione ci rechiamo a piedi in hotel poiché sito davanti ad essa con un piccolo particolare: l’hotel è collocato al 13° piano di un grattacielo.

Prendiamo un taxi e ci rechiamo verso l’area del Parco della Pace poco prima di mezzogiorno. Fa davvero impressione pensare che quasi 80 anni fa il paesaggio era apocalittico, mentre ora la città è stata ricostruita e la natura e l’uomo hanno ripreso il loro corso. Pranziamo al volo in un panificio specializzato in panini al curry di pollo e manzo. Il primo monumento in cui ci imbattiamo è l’Atomic Bomb Dome, ovvero il rudere della fiera commerciale della prefettura di Hiroshima edificato a inizio Novecento dall’architetto cieco Jan Letzel. Fa davvero impressione giraci attorno e confrontare lo stato attuale dell’edificio con le foto pre bombardamento del 6 agosto 1945. A pochi metri dall’Atomic Bomb Dome si trova un monumento che commemora il punto in cui venne dato l’innesco alla bomba che esplose a circa 600 metri dal suolo rilasciando un’esplosione di circa 16 chilotoni. L’esplosione distrusse circa il 90% degli edifici di Hiroshima, tra cui i suoi 51 templi e il castello, e si stima che uccise sul colpo tra le 70.000 e 90.000 persone. Da lì si prosegue a piedi, e dopo aver passato un ponte, si approda al Parco della Pace. All’ingresso nord è stata collocata la Campana della Pace e un tumulo contente le ceneri di migliaia di vittime dell’atomica. Di lì si procede in linea retta verso il Monumento dei Bambini alla Pace. Questo monumento è dedicato a una bambina nipponica che morì negli anni ’50 di leucemia causata dagli effetti delle radiazioni atomiche. Durante la sua degenza in ospedale iniziò a creare degli origami a forma di gru utilizzando la carta delle medicine che ogni giorno i medici le prescrivevano. Era convinta che se avesse realizzato 1000 origami di gru avrebbe vinto la sua battaglia contro la leucemia. Purtroppo, non fu così ma i suoi compagni di classe completarono la corona di 1000 origami e da lì nacque questa tradizione di fare e portare in omaggio al monumento lunghe catene di carta di origami. Da lì si prosegue, poi, verso la Fiamma della Pace e il Cenotafio. L’emozione è forte e, ripensando alla petizione firmata a Kyoto e all’origami che ci avevano regalato, non riesco a trattenere qualche lacrima. La Fiamma della Pace si trova in linea retta dietro al Cenotafio, un monumento dove i giapponesi vanno a pregare per le anime delle vittime di Hiroshima e dove le autorità si ritrovano per commemorare ogni anno il 6 agosto, e venne accesa per la prima volta nel 1964. Da quel momento in poi non è mai stata spenta e gli abitanti di Hiroshima la spegneranno solamente quando l’umanità rinuncerà all’ultima bomba atomica. Forse, oltre agli obiettivi di sostenibilità ambientale, energetica, alimentare, economica e sociale, andrebbe inserito il completo disarmo atomico di modo da poter spegnere questa fiamma che arde oramai da 40 anni.

Di fronte al Cenotafio c’è il Museo della Pace di Hiroshima che visitiamo dopo esserci messi diligentemente in coda. L’afflusso di turisti e visitatori è enorme e purtroppo questo compromette un po’ la visita al museo. Il percorso museale si divide in due grosse aree tematiche, ma il percorso è un po’ stretto e angusto. La prima parte dell’esposizione è incentrata sul 6 agosto 1945 e va ad affiancare reperti dell’epoca a panni esplicativi: si va dal un orologio pubblico fermo all’ora dell’esplosione, passando per gli effetti personali di alcune delle vittime, ai materiali edili deformati. Gran parte dei visitatori, si concentra poi attorno a “l’ombra sui gradini”, ovvero ai resti dei gradini della banca Sumitomo su cui è stata proiettata l’ombra di una vittima dal calore dell’esplosione. La sezione successiva, incentrata sulle foto delle ustioni e delle vittime morte nei giorni successivi al bombardamento, punta molto sull’elemento emotivo, mentre la sezione finale si concentra molto sulle conseguenze dei bombardamenti e sulla politica di armamento nucleare e processo di disarmo. In questa sezione, sono un paio di pannelli sono dedicati a illustrare gli antefatti e i motivi che portarono gli Americani a scegliere Hiroshima come obiettivo e al Progetto Manhattan.

Ho cercato di analizzare la narrazione storica che viene portata avanti su due livelli. Il primo sicuramente si caratterizza da una prevalenza del registro emotivo – sentimentale: l’obiettivo di tutta la prima sezione è sicuramente quello di impressionare il visitatore e di toccare le sue corde emotive. È soprattutto la sfera dell’infanzia che la fa da padrona: dagli abiti, passando poi per quaderni e diari sino alle testimonianze dei sopravvissuti. Il secondo livello di narrazione si basa sulla dicotomia tra la corsa agli armamenti e il processo di disarmo. Ma l’elemento assente è quello etico poiché non viene mai affrontato il dilemma legato al fatto che per imporre la resa al Giappone, e terminare la Seconda Guerra Mondiale, sia stato necessario colpire due città con delle bombe atomiche uccidendo indiscriminatamente sia civili sia militari.

Terminata la visita ci rechiamo in taxi verso il castello di Hiroshima. Anch’esso fu distrutto durante il bombardamento del 6 agosto, ma successivamente ricostruito secondo la planimetria originaria. Non è imponente come quello di Himeji, ma è maggiormente musealizzato poiché viene spiegata l’evoluzione dell’insediamento di Hiroshima e delle armi e armature dei samurai. Anche qui è possibile salire fino all’ultimo piano per ammirare il panorama dello skyline di Hiroshima.

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