SPECIALE GIAPPONE #4: Tokyo, tra Shibuya, Asakusa e Odaiba

di Andrea Oldani

Prendiamo lo shinkansen in direzione Tokyo e dopo quasi 3 ore di viaggio arriviamo alla capitale nipponica. L’impatto con Tokyo Station è sconvolgente! La stazione è enorme, si sviluppa su più livelli con aree commerciali e di ristorazione ed è il centro nevralgico delle linee di metro, treni e shinkansen. Ma la cosa più strana è il suo aspetto esteriore, poiché ricorda quello di una stazione olandese. L’aspetto esteriore fu realizzato durante la Restaurazione Meiji, per volere dell’Imperatore, per mostrare al mondo che il Giappone era in grado di realizzare ed imitare alla perfezione l’architettura europea.

Da qui prendiamo la metro per l’hotel a Kinshichō, fermata strategica perché ci permetterà di raggiungere i diversi quartieri di Tokyo senza fare troppi cambi di mezzi. La prima tappa è il quartiere di Shibuya: scendiamo alla stazione di Harajuku e visitiamo la zona di Takeshita Street, famosa per i look bizzarri e la moda. Ci fermiamo a pranzare al sushi: un’esperienza culinaria assoluta da provare almeno una volta in Giappone per vedere la differenza con l’Italia (banalmente in Giappone si preferisce la parte grassa del pesce). Da lì ci dirigiamo al Santuario Meiji, dedicato all’Imperatore Meiji che avviò l’ammodernamento del paese nella seconda metà del XIX secolo. Il Tempio è il principale santuario shintoista della città di Tokyo ed è collocato in un immenso parco di 69 ettari; un’oasi di pace e verde nel cuore di Shibuya attraversato da lunghi viali. Prima di arrivare al Tempio vediamo ai lati del vialone delle botti di saké, che si ritiene che aiutino a stabilire un contatto con gli dei. Il Santuario è preceduto da diversi Tori e nel 1920 venne dedicato all’Imperatore Meiji per poi essere distrutto e ricostruito nel 1958, nonostante la rinuncia al rango divino da parte dei membri della famiglia imperiale. Al centro del cortile interno ci sono due alberi uniti da una corda intrecciata dove gli innamorati si recando per pregare per rafforzare il loro legame.

Lasciato il Santuario Meiji ci dirigiamo a piedi verso la stazione di Shibuya con il suo famoso attraversamento pedonale. Abbiamo del tempo libero per girare la zona. Con Luca e Valeria andiamo in missione saké poiché faremo una serata di degustazione saké in hotel perché il meteo giapponese ha previsto un piccolo tifone. Al piano interrato di un grande centro commerciale acquistiamo 5 bottiglie di saké con gradazione e gusto differente, per poi recarci al Pokèmon Center di Shibuya al 7° piano! Lentamente arriva la sera e Shibuya cambia aspetto: si riempi di luci, colori e suoni. A volte sembra di stare nel futuro o in quale sistema remoto dell’Orlo Esterno di Star Wars perché i grattacieli si alternano alle case tradizionali in un miscuglio in cui lo skyline si unisce all’underground. Prima di rientrare in hotel facciamo la foto di rito davanti alla statua del cane Hachiko, sita fuori dalla stazione di Shibuya, eretta per commemorare il cane che attese fedelmente il suo padrone per dieci anni dopo la sua morte (i fan di Richard Gear se lo ricorderanno bene!).

Il giorno seguente ci rechiamo nel quartiere di Asakusa. Dall’alto dell’info point ammiriamo lo scenario urbano: alla nostra destra, dopo il fiume vediamo il quartier generale della birra Asahi, creato con le fattezze di un boccale dorato con la schiuma in cima, mentre di fronte a noi vediamo il tempio Sensō-ji, con il mercato, il Tori e la Pagoda già presi d’assalto dai turisti. L’Asuka Kannon è, infatti, il tempio buddista più antico di Tokyo e la sua imponenza aumentò durante il periodo Tokugawa. Si accede alla struttura passando sotto la porta Kaminarimon da cui parte rettilinea la Nakamise-dori, una via piena di negozi tradizionali. Al termine della Nakamise-dori si erge la Porta Hozo-mon, che custodisce sutra cinesi del XIV secolo. Si mostra, quindi, in tutto il suo splendore la sala principale del complesso con la statua dorata della dea Kannon, mentre sulla sinistra si staglia una stupenda pagoda rossa a cinque ordini, mentre tra i due edifici sorge un giardino d’acqua con carpe koi. Tenendo la pagoda sulla sinistra si giunge al mercato di Asakusa, dove è possibile provare a pochi yen un dolce tipico giapponese: il melonpan. Riprendiamo la metro in direzione Ueno, dove visitiamo la zona del mercato, che durante la Seconda Guerra Mondiale era sede del principale mercato nero di Tokyo. La piccola cicca del mercato di Ueno è la presenza, in mezzo alle casupole e alle bancarelle di un tempio in cui trovo la statua di uno dei segni dello zodiaco cinese: il cinghiale. E penso proprio che Andrea Pennacchi abbia ragione quando dice che il Pojanistan è ovunque #cinghialato! Dopo aver pranzato e provato il fritto e tempura giapponese ci rechiamo verso il parco di Ueno, uno dei polmoni verdi di Tokyo. Qui, però, iniziano a manifestarsi i primi segnali dell’arrivo del tifone: uno scroscio improvviso di acqua che non ci dà molto sollievo in quanto annerisce il cielo e aumenta il tasso di umidità. Dal Santuario di Tosho-gu ci dirigiamo verso il lago di Shinobazu, famoso per le sue ninfee.

Riprendiamo la metro e, nel cambio, ci fermiamo ai piedi di un grattacielo per ammirare un orologio in legno disegnato e progettato dallo sceneggiatore giapponese Hayao Miyazaki. Da lì prendiamo la metro sopraelevata che ricorda quella di Gotham City nella trilogia di Batman di Nolan (quindi l’hype è alle stelle) in direzione Odaiba. Odaiba è un’isola artificiale costruita nella baia di Tokyo ed è un quartiere avveniristico affacciato sul mare con ampi spazi verdi. A dominare il panorama è la sede della Fuji Television, mentre di fronte al parco di Central Square si trova la statua del robot Gundam e la Gundam Base di Tokyo, un negozio tematico dedicato a questo anime. La cosa che abbiamo apprezzato di più di Odaiba è stata sicuramente la vista sullo skyline di Tokyo: dal lungo fiume si può infatti apprezzare la bellezza dei grattacieli, il Ponte Arcobaleno e una replica in miniatura della Statua della Libertà. Restiamo a cenare ad Odaiba e dentro uno dei mall che si affacciano sulla baia troviamo l’angolo del ramen, una zona specializzata in ramen provenienti da varie aree del Giappone.

Il giorno seguente Tokyo è colpita da un piccolo tifone estivo. Per fortuna nulla di grave, solo un po’ di vento forte e pioggia, ma per precauzione sono ferme alcune linee ferroviarie e della metro in superficie. Ci consigliano di andare alla Tokyo Sky Tree, uno degli edifici più alti della metropoli. Alla sua base c’è un ampio centro commerciale e l’acquario della Tokyo Sky Tree. Passiamo, quindi, la mattinata tra le vasche di meduse (per le quali i Giapponesi hanno una vera e propria ossessione), pesci tropicali e la vasca dei pinguini di Magellano! Il pomeriggio lo passiamo al museo di Hokusai sito a pochi minuti dal nostro hotel. Il museo si trova all’interno di un edificio a due piani: al primo piano si trova un’esposizione con i lavori dell’epoca (XVIII – XIX secolo) che influenzarono e precedettero lo stile unico sviluppato dal maestro incisore e pittore giapponese che risentiva dell’influenza della pittura cinese ed europea in un momento in cui il Giappone si era isolato dal resto del mondo. Il cuore dell’esposizione è, ovviamente, la stampa originale della famosa “Grande Onda” e di come essa influenzò il lavoro e lo stile degli artisti che lo seguirono. Il secondo piano, invece, mostra l’influenza della pittura e stile di Hokusai nella cultura Pop dalla seconda metà del XX secolo ad oggi. Troviamo, quindi, le più disparate riproduzioni e reinterpretazioni della Grande Onda: dalla versione Lego, alla versione rossa su Marte e alle varie apparizioni che ha fatto nelle pubblicità di cibi e bevande giapponesi. Torniamo in hotel per riposare e per prepararci alla sera di degustazione di saké. Valeria ci spiega che il saké si può bere sia freddo sia caldo, anche se in Italia solitamente viene servito caldo. In Giappone il saké segue un processo di fermentazione che coinvolge riso, acqua e spore di koji in grado di restituire un sapore unico al saké. Normalmente durante le degustazioni si parte dal saké più pregiato per finire con quello meno pregiato, dove è più preponderante il retrogusto dell’amido di riso.

Le altre puntate dello speciale